Rossi (1930-1931)

Fonte:
Ernesto Rossi, Elogio della galera: lettere 1930-1943, prefazione di Alessandro Galante Garrone, introduzione e cura di Gaetano Pecora, Roma, Il mondo 3, 1997.

«Tu fammi un pacco di alcuni libri di studio. (Nel carcere c'è una bibliotechina, ma composta di romanzi che valgono ben poco).»
(Ernesto Rossi, lettera alla madre dal carcere di Bergamo, [1° o 2 novembre 1930], p. 30).

«Un po' di aiuto per passar la giornata l'ho avuto da alcuni libri del carcere. Così stupidi e falsi, però, da far venire il latte alle ginocchia; tutti meno uno: I Malavoglia, che ho riletto con grande interesse, apprezzandolo molto più di quando lo lessi la prima volta: è veramente un capolavoro.»
(lettera alla madre dal carcere di Regina Coeli – come le successive –, 11 novembre [1930], p. 32. Durante il trasferimento da Bergamo a Roma, alcuni giorni prima, Rossi era evaso ma si era poi costituito).

«Ho letto qualche libro del carcere, ma in quattro e quattr'otto li finisco, e valgono ben poco. Ne danno due alla settimana! Mi son fatto dare dal cappellano il Vangelo con gli Atti degli apostoli. Riconosco che aveva ragione [Carlo] Puini, quando si arrabbiava e diceva che "anche Gesù Cristo era un ebreo". Però è davvero meraviglioso che il cattolicesimo voglia ancora risalire al Vangelo: non conosco nessun libro che contenga una morale più anticattolica».
(lettera alla madre, 14 novembre [1930], p. 34).

«Non ho più nessun libro di lettura "amena" oltre quelli del carcere, ma son sicuro che me ne porterai presto. Cerca qualche romanzo voluminoso, che possa distrarmi per qualche ora, anche di autori vecchi, stranieri.»
(lettera alla madre, 27 marzo 1931, p. 62-63).

«Ho letto i primi due volumi delle Avventure di Martino Chuzzlewit del Dickens: il terzo lo leggerò quando me lo daranno, venerdì, dalla biblioteca del carcere. In gran parte è una caricatura dell'ipocrisia: abbastanza divertente. Ci sono, come al solito nei libri del Dickens, dei mattoidi molto buffi. Ce n'è uno ch'è sempre allegro e va in cerca delle situazioni più penose per aver più merito d'essere allegro. Mi farebbe comodo averlo con me nella cella.»
(lettera alla madre, 31 marzo 1931, p. 65).

«Oltre ai pochi libri che mi sono portati con me, ho da leggere quelli della biblioteca del carcere e quelli che mi prestano gli altri politici. Nonostante sian tutti operai, ad eccezione di un avvocato, hanno parecchi libri di storia e di filosofia interessanti.»
(lettera alla madre dal carcere di Pallanza, 13 luglio 1931, p. 75. Rossi era stato trasferito da Roma pochi giorni prima).

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