Gorresio (1980)

Fonte:
Vittorio Gorresio, La vita ingenua, Milano, Rizzoli, 1980.

«Incominciava la mia clandestinità, che fu penosa ma non eroica. [...] Io però avevo un docunento che mi precettava come ausiliario di tipografìa, ed una carta di identità ben falsificata con le mie nuove generalità: Ariosto Ludovico del fu Giuliano e di Dalmasso Elisabetta, nato a Cortemilia il 18 luglio 1910. [...]
Divenni assiduo della biblioteca nazionale Vittorio Emanuele che stava allora al numero 27 di via del Collegio Romano. Presentandomi col nome di Ludovico Ariosto ebbi una tessera di ammissione alla sala A, quella riservata agli studiosi di professione. Ricordo il sorriso d'intesa dell'impiegata che consentì a rilasciarmela. Così potei condurre a termine il saggio sui Ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalini che il 25 luglio avevo interrotto a Genova e che l'editore Colombo mi pubblicò con il bel titolo La tirannide in berlina. [...]
Fare il topo di biblioteca mi dava pure altri vantaggi. La sala A della Vittorio Emanuele era allora frequentata molto bene, come un circolo exclusive o un ritrovo accademico. In quell'ambiente di grande rispettabilità era possibile fare la conoscenza di persone interessanti e autorevoli sul piano culturale e anche politico, poiché la sala A era un rifugio diurno abbastanza sicuro. Non era un covo di cospiratori nel senso proprio, ma un luogo di incontro fra gente di riguardo. Veniva Mario Vinciguerra a scrivere i suoi articoli per L'Italia lìbera, organo del partito d'azione clandestino. Facendomi onore mi chiese che collaborassi anch'io. Venivano molti altri, da Antonio Baldini a Bonaventura Tecchi a Enrico Falqui, non tutti disposti a presentarsi con il loro vero nome, e di quel sodalizio in biblioteca durante i mesi dell'occupazione tedesca della città mi è restato un ricordo gradito.
Veniva spesso Guido Piovene che in quei giorni si nascondeva a Roma in casa dell'attrice e scrittrice Flora Volpini, ed era ansioso di partecipare in qualche modo alla resistenza.»

(Vittorio Gorresio, La vita ingenua, p. 229-230).

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