Valgimigli (1946)

Fonte:
Manara Valgimigli, Uomini e scrittori del mio tempo, Firenze, Sansoni, 1965.

«Egli [Gabriele Briganti] era uno di quegli uomini curiosi e rari che portano in sé, chi sa come presa e di dove venuta, [...] una grande passione per le lettere e per la poesia [...]. Poi una signora inglese, di cui il padre di Gabriele governava e amministrava le terre sopra Ripafratta, volle istruirlo nell'inglese: e questa fu la sua seconda passione, e Shelley il suo poeta.
L'una e l'altra lo portarono, appena ventenne, in biblioteca. Domandò solo di restare lì, tra i libri. Prima fece il distributore, serio serio, in quel suo banco in fondo alla sala di lettura; poi cominciò a schedare – e credo che oggi le schede della biblioteca governativa di Lucca siano tutte sue; – e poi, fuorché i conti e l'amministrazione, fece o gli fecero fare di tutto, e per tutti il bibliotecario era lui. Chiunque, o di Lucca o di fuori, veniva per qualche studio o ricerca in biblioteca, si rivolgeva al signor professore Briganti. [...]
Io ero scolaro a Bologna, ma le lunghe vacanze estive, di Natale e di Pasqua, le passavo a Lucca, in biblioteca. Ogni pomeriggio, chiusa la biblioteca, io
e Gabriele si usciva insieme; lui andava a casa sua, a Ripafratta, io lo accompagnavo fin quasi a mezza strada, a Cerasomma. E per la strada, tutti due a piedi, lui con la bicicletta a mano, gran dispute e grandi declamazioni di poesia. [...] Gabriele era un pascoliano furioso. Ad accrescergli questo furore, era venuto un giorno in biblioteca, e ci ritornò altre volte, il Pascoli stesso in cerca di libri per quella sua antologia Sul limitare che stava preparando e uscì difatti nel 1900. Di solito il Pascoli ci scriveva, Gabriele trovava i libri e io glieli portavo su a Castelvecchio («Ma portami anche un chilo di parmigiano, e Mariù ti farà le tagliatelle»).»

(Manara Valgimigli, Un amico lucchese (Gabriele Briganti), 1946, in Uomini e scrittori del mio tempo, p. 367-371: 368-369. Già pubblicato nel suo Il mantello di Cebète, Padova, Le tre Venezie, 1947, p. 143-154).

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