il pauperismo a Palermo

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Per tentare di porre rimedio al dilagante pauperismo che affliggeva Palermo sin dal XVI secolo si ha notizia di numerosi luoghi deputati all'assistenza e al ricovero dei poveri. Alcune strutture e complessi monumentali ancora oggi presenti nella nostra città sono testimonianza di un fenomeno economico e sociale drammatico, per la condizione di profonda miseria che segnava larghi strati della popolazione e la diffusa presenza di fenomeni di vagabondaggio. Una realtà sociale di forte criticità che ha accomunato Palermo a molte altre realtà urbane del mezzogiorno e di altre nazioni europee.

E’ contraddittorio in tal senso il ruolo assunto dal’aristocrazia palermitana. Le sue donazioni caritatevoli ai meno fortunati erano spesso cospicue, ma costituivano anche un modo per ostentare le ricchezze personali. D’altro canto era la stessa nobiltà palermitana ad essere causa del progressivo impoverimento degli strati più sociali più deboli, con il suo dispendioso consumo di grandi somme di denaro, spesso oltre le reali possibilità, riducendo di frequente le risorse economiche destinate ai propri grandi possedimenti terrieri, che progressivamente abbandonava. Una scelta che, accentuata dalle due carestie del 1748 e del 1764, ha determinato l’inurbamento dei contadini senza lavoro, ben presto ridotti in assoluta indigenza ad accattonare per le strade.

Il dilagare del problema ha determinato la scelta di intraprendere iniziative mirate al contenimento del fenomeno. Il concetto che faceva del "povero" il rappresentante di Cristo ben presto viene sostituito dalla percezione diffusa che questo rappresenti un pericolo sociale, perchè propagatore della peste e fautore di disordini nella cittadinanza. Una percezione che induce a porre rimedio strutturale al fenomeno ponendo al riparo i poveri dai pericoli che poteva offrire la vita urbana e della contiguità con i malavitosi. Le elemosine, prima devolute direttamente ai poveri, si decide che vadano a finanziare le istituzioni di carità e per salvaguardare il decoro urbano si trasferiscono i poveri fuori dalla scena urbana in “depositi di mendicità”, spesso locali preesistenti, reimpiegati a tale scopo e situati fuori dalle mura di Palermo.

A finanziare i luoghi deputati all'assistenza è l’aristocrazia, soprattutto le nobildonne, con cospicue donazioni e lasciti ereditari.

Nel XVIII secolo si incrementa l'assistenzialismo di pubblica emanazione rieducare il povero per prevenire la mendicita'. Si cerca di centralizzare il problema richiamando l'attenzione del governo borbonico sulla grave condizione della popolazione del Regno, pressato dall'emergenza demografica, economica e sociale. La lotta contro il vagabondaggio e l'ozio si inserisce così a pieno titolo nei piani di riforma e il concetto di aiuto e soccorso diviene istituzionale e centrale per la politica durante il Regno di Carlo di Borbone, condiviso anche dal figlio Ferdinando. In tale contesto sociale si inquadra durante il loro Regno la costruzione degli Alberghi dei Poveri di Palermo e di Napoli, realtà monumentali poste a ridosso degli abitati storici che si affiancano ai numerosi già esistenti reclusori, rifugi, conservatori, convitti di arti e mestieri.