L'opuscolo dedicato a Paolo Bottarelli

Nel 1921 venne pubblicato un commovente opuscolo che, nel ricordare la figura di un soldato ventenne, raccontava la tragica ricerca della sua salma effettuata dal padre nei giorni successivi alla fine della guerra.

Paolo Bottarelli, detto familiarmente Paolino, morì a vent’anni il 27 ottobre 1918, otto giorni prima che la Grande Guerra finisse.
I genitori, che gestivano un negozio di generi alimentari in piazza Duomo, all’angolo con via Chiapponi, riponevano grandi speranze nel loro unico figlio e lo avviarono al Politecnico di Torino, al corso di ingegneria civile. Ma la guerra lo richiese e ai primi di agosto 1917, come sottotenente, partecipò alla sanguinosa conquista del monte Santo e del Sabotino.
Rimase poi sempre in prima linea. Il 24 ottobre 1918 il Regio Esercito tentò il forzamento del Piave in direzione di Vittorio Veneto, la resistenza austriaca fu fortissima, ma nella notte fra il 26 e il 27 gli italiani passarono il fiume dando inizio al crollo dell’esercito austro-ungarico.

Paolo Bottarelli persa la vita proprio quella notte.
Sui suoi ultimi momenti di vita si ebbero all’inizio notizie inesatte, ma questo non può meravigliare, perché in quei momenti terribili, in quel titanico trambusto dato dal movimento di enormi masse di uomini e materiali, l’individuo era destinato quasi a scomparire.
All’inizio si pensò che, mentre stava costruendo una passerella per il passaggio delle truppe, fosse stato travolto dalla corrente del Piave.
I genitori, nella loro disperazione, si trovarono di fronte all’ultimo desiderio di Paolo: “se qualche disgrazia mi cogliesse non abbandonatemi in un cimitero da campo, ma trasportatemi presso di voi”.

Il padre partì e fece diversi viaggi nella zona del Piave, dove rimase complessivamente per 47 giorni.
Senza badare ai disagi, fece ripetutamente esplorare le rive del fiume, dal punto in cui era caduto giù verso valle.
Fece poi pubblicare, sui quotidiani di Venezia, Cremona e Piacenza, un avviso nel quale prometteva una ricompensa di mille lire per chi avesse saputo dargli indicazioni del figlio o della sua sepoltura.
Ai primi di dicembre gli sforzi fatti portarono ad alcuni primi risultati, concretizzati nelle lettere di un artigliere e di un ufficiale dei Carabinieri che raccontarono, senza pretendere la ricompensa, di aver visto la salma di un ufficiale del genio che poteva essere Paolino. Il padre inviò subito ai due una fotografia e la possibilità si trattasse di lui si rafforzò.
Nella prima metà di dicembre i genitori Aldo e Silvia tornarono in provincia di Treviso, trovarono e identificarono il cimitero di Villa Rotonda Bidasio, proprio il luogo indicato nelle lettere come quello che poteva ospitare il loro figliolo.

Così fu: trovarono una tomba, tenuta in modo decoroso, nella quale era sepolto un ufficiale sconosciuto. Esumata la salma, fu subito riconosciuta per quella di Paolino.
Non ci è possibile descrivere i loro sentimenti, il misto di disperazione per la perdita di un figlio e di conforto per averlo almeno ritrovato: c’è qualcosa di primitivo e di grande in questo gesto, qualcosa di omerico perché, vedendo una madre e un padre che vanno a riprendersi il corpo del figlio caduto in guerra, in un paesaggio ancora caratterizzato dalla desolazione della guerra, tra alberi schiantati e crateri di esplosioni, non si può non pensare al vecchio Priamo.
Il corpo di Paolo fu poi ricomposto nel cimitero in attesa di poter essere riportato a Piacenza.
I genitori poterono così accertare che egli non era morto annegato, ma in seguito a ferite riportate mentre nella notte famosa, tra l’infuriare delle granate nemiche, stava costruendo la passerella destinata ai fanti.

Il 21 maggio 1921 la sua salma giunse a Piacenza, accolta da uno stuolo di amici e ammiratori. Fu celebrata la Messa in Duomo, e il suo amico Buzzetti, che per primo lo aveva cercato nel fiume, disse toccanti parole in sua memoria.
Venne sepolto nel cimitero di Piacenza, nel primo reparto, in una tomba ancora oggi visibile sul vialetto principale: è insieme a Giuseppe Bustaffa, un altro dei suoi amici e collega di studio, sottotenente dell’artiglieria da fortezza morto il 13 giugno 1918 sulle pendici del Tonale. Anche Bustaffa era stato riportato dalla madre, Ines Martinetti, di professione bustaia, che alla notizia della sua morte era coraggiosamente partita per il Tonale per recuperare la salma.

 

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