Sezione V. I capelli di Napoleone

                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

 

Il 16 maggio 1817 la polizia austriaca fermò un uomo alla frontiera di Chiasso, mentre cercava di entrare in Italia senza regolare visto sul passaporto. L’uomo portava con sé alcuni documenti e alcune ciocche di capelli che furono confiscate perché gli austriaci erano convinti appartenessero a Napoleone (45). L’uomo era Natale Santini e proveniva dall’isola di Sant’Elena, dove aveva accompagnato l’ex imperatore francese insieme ad altri fedelissimi e al conte de Las Casas, autore di un memoriale dell’esilio pubblicato dopo la morte di Napoleone.

Condotto prima a Como e poi a Milano, il 21 maggio 1817 Santini fu trasferito a Mantova ed alloggiato nella caserma di San Sebastiano. Prima della partenza da Milano, Saurau trattenne «solamente i capelli di Bonaparte rinvenuti nella cassetta delle lettere, dato che questi potrebbero servire per qualche uso improprio e perciò non sono adatti a esser rimessi nelle sue mani». A Mantova Santini fu chiamato a decidere se tornare in Inghilterra o essere condotto nella città di Brunn (attuale Brno), essendogli proibito di restare in Italia. Santini preferì Brunn e il 25 giugno 1817 partì per Vienna, scortato dal capitano di cavalleria e delegato di polizia di Mantova Joseph Heinzmann.

Il racconto dell’arrivo in Italia e del successivo allontanamento di Natale Santini è contenuto nel carteggio riservato intercorso dal 3 maggio al 19 luglio 1817 tra Franz Josef Saurau (Vienna 1760 - Firenze 1832), governatore austriaco della Lombardia, Joseph Sedlnitzky (Troplowitz 1778 - Baden 1855), ministro della polizia austriaca e il consigliere aulico Von Raab. I dodici protocolli riservati (contraddistinti dal numero di protocollazione seguito dalla sigla geh. geheim) sono conservati negli atti del fondo Presidenza di governo. I documenti del carteggio sono scritti in tedesco, con l’eccezione di un atto proveniente dalla Svizzera, in francese, e di due atti in italiano. Uno di questi è la deposizione resa da Santini il 19 maggio 1817 a Milano, allegata al rapporto di polizia protocollo 473/geh.1817 (44).

Giovanni Natale Santini era nato in Corsica, da famiglia miserabile, ed aveva 28 anni. Arruolatosi nelle truppe francesi a tredici anni, era stato nominato corriere di Napoleone dopo la ritirata di Russia, incarico mantenuto fino all’abdicazione del sovrano che seguì fedelmente prima all’isola d’Elba, poi in Francia e, dopo la disfatta di Waterloo, a Torbay, a Plymouth e fino a Sant’Elena. Lasciata l’isola nel mese di ottobre, raggiunse l’Europa all’inizio del 1817, probabilmente con l’incarico di denunciare le cattive condizioni detentive dell’ex imperatore a Sant’Elena. Arrivato a Londra nella primavera del 1817, proseguì il viaggio verso Bruxelles, poi Monaco, Costanza, il Canton Ticino, fino a raggiungere il confine con la Lombardia. Attraversò il San Gottardo il 14 o il 15 maggio 1817. Secondo gli austriaci, Santini aveva ricevuto da Napoleone incarichi segreti da svolgere in Italia e doveva portare notizie ai familiari dell’ex imperatore.

Nell’interrogatorio milanese del 19 maggio 1817, Santini descrive la vita di Napoleone a Sant’Elena, evidenziando i buoni rapporti con il governatore inglese, l’ammiraglio Cockburn e quelli pessimi col nuovo governatore, il generale Hudson Lowe, definito persona mal educata (43). Nel suo racconto leggiamo la descrizione dell’abitazione dell’ex imperatore — Longwood House —, formata da cinque piccole stanze estremamente umide. Santini denuncia carenze nella fornitura di abiti, mobili e di cibo che Napoleone fu costretto a procurarsi vendendo l’argenteria. Secondo il suo racconto, Napoleone pranzava tutti i giorni con i generali al suo seguito; non poteva leggere i giornali, dormiva poco e soffriva di dolori reumatici. Trascorreva la giornata scrivendo la storia della sua vita, a volte giocava a biliardo ed usciva pochissimo, a piedi o a cavallo o in carrozza, senza essere scortato. Si rifiutava di ricevere i commissari d’Austria, Russia e Francia presenti a Sant’Elena e il governatore Lowe, che osavano rivolgersi a lui qualificandolo come generale Bonaparte e non imperatore (42).

Nell’interrogatorio del 19 maggio 1817 Santini ricorda anche le misure di sicurezza adottate per sorvegliare Napoleone e limitarne la libertà personale, tra cui il controllo e la censura della corrispondenza. L’ex sovrano viveva completamente isolato e non poteva essere avvicinato da nessuno senza autorizzazione del Governatore inglese. Gli austriaci si dimostrarono particolarmente interessati a conoscere il motivo del suo soggiorno a Costanza, sospettando che Santini dovesse incontrare Hortense Eugénie Cécile Bonaparte, figlia di Giuseppina di Beauharnais, prima moglie di Napoleone, in esilio in Svizzera dopo la caduta del sovrano.

«Interpellato il Santini se passando per Costanza sapeva che ivi esistesse la contessa di San Leu e se si sia a lei presentato, assicurò che non era a di lui cognizione che colà vi fosse e che perciò non si presentò, non essendosi trattenuto in detta città che il tempo materiale per far vidimare il di lui passaporto».


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