Usi e costumi

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L’abbigliamento è un’altra componente peculiare della transumanza, infatti, gli animali oltre a fornire la materia prima per la lavorazione e produzione di alcuni prodotti alimentari rivestivano anche una grande importanza per la produzione di capi di vestiario.  La lana sicuramente riveste un ruolo fondamentale per tali attività. La sua lavorazione richiedeva un lungo processo di trasformazione ed il pastore era l’attore principale. Tra i suoi compiti in primis vi era la lavatura (lavaggio) delle pecore prima del caruse/carose (tosatura) per valorizzarne la lana. Tale operazione era detta saltata (buttarsi in acqua) e veniva fatta a primavera in mare o nei fiumi spingendovi dentro il gregge a mòrra a mòrra. Poi interveniva il carusatore (pastore tosatore) che con arcaiche forbici a molla tagliava la lana e a volte ‘nzagnava (tagliuzzava) anche la pecora, raccoglieva li mande (vello) e lo portava alla pesanna (pesatura) per la vendita. Il prezzo poteva variare in rapporto alla razza e all’età delle pecore (maggiorine, agnelline, matricine, castratine); le lane pregiate di prima tosatura si potevano vendere solo alla Fiera di Foggia per riscattare la Fida, mentre la lana agostina (o mezzolana) aveva libera commercializzazione. Il vestiario che utilizzava il pastore lungo il viaggio era il risultato delle sue abilità artigianali di trasformare i materiali a sua disposizione, come lana e pelle, ed era funzionale al grado di protezione del fisico di chi lavorava all’aperto giorno e notte. Fra gli indumenti entrati nell’iconografia dell’Ottocento anche dello zampognaro si riscontrano: la caratteristica giacca di pelle di montone o di capra detta pellecciòne/purzòne (giaccone senza maniche), la cappa/cappott’a a rota zimamarra (mantella a ruota di panno-lana pesante), i guardamacchjie/vassètte (grembiule protettivo in pelle di pecora o di capra), gli strangunère (gambali in pelle), gli scarpuni con centrèlle (scarponi chiodati), le chiochie/scarpitti/zampètti/cioce (calzature estive in cuoio leggero) che venivano legate alle calze di pezza con i crioli (lacci in pelle di cane), i pantaloni alla zompafuòsse (alla zuava).