Riccardo III (1879)

Nessuna opera era più adatta del Riccardo III di Canepa ad inaugurare degnamente il Politeama di Sassari, valorizzando fin dal primo spettacolo le potenzialità del nuovo edificio teatrale. Il suo autore infatti nel 1884 era ormai considerato nella città una vera e propria gloria musicale, e la prima rappresentazione sassarese dell’opera avrebbe non solo consacrato il ruolo del compositore nella vita musicale cittadina ma avrebbe anche contribuito a dare ulteriore lustro e significato all’inaugurazione. Inoltre il Riccardo III, con i suoi contenuti spettacolari vicini al modello dell’opera-ballo, avrebbe consentito alla Società che aveva costruito il teatro di mostrare immediatamente al pubblico le risorse dello spazio scenico, ben diverse da quelle del Teatro Civico.

Il Riccardo III era andato in scena per la prima volta al Teatro Carcano di Milano il 10 novembre del 1879. Il soggetto dell’opera, che ha per protagonista la figura del celebre re d’Inghilterra, immortalata da Shakespeare nell’omonimo dramma storico, proveniva dal dramma Riccardo III di Victor Sejour, uno degli autori che più avevano contribuito in Francia alla trasformazione di un genere teatrale molto popolare come il mélodrame. Canepa e Fulgonio, quest’ultimo autore del libretto, avevano iniziato a lavorare all’opera già da tre anni prima, e cioè dall’estate del 1876, segno questo che l’opera costituì un momento di riflessione sui modelli melodrammatici adottati nei Pezzenti.

L’estetica del mélodrame, caratterizzata una tipologia teatrale dei personaggi essenziale ed immediata, venne arricchita da Fulgonio di un efficace scavo psicologico, evidente soprattutto nel personaggio di Riccardo, la cui grandezza pur malefica è ben tratteggiata così come il suo scellerato esercizio del potere, e in quello di Scroop, l’armaiolo promosso dal re al rango di giullare che è in realtà Raul di Fulckes, partigiano intorno a quale ruota buona parte della vicenda.

Due sono in definitiva i nuclei drammatici dell’opera. Il primo si fonda sulla conquista, da parte del sanguinario monarca, della nipote Elisabetta, vicenda che rende necessaria la creazione da parte di Fulgonio di questo personaggio femminile, non previsto nel dramma di Sejour. Il secondo consiste nel ruolo assunto dal personaggio collettivo, nel III e IV atto dell’opera: il coro svolge infatti il tema della lotta fra i giusti e l’oppressore, e l’inno Siam figli d’Inghilterra, con il quale il coro risponde all’incitamento di Scroop, rappresenta l’icona musicale di questo elemento drammatico. Proprio grazie a questo ruolo svolto dal coro, la componente storica nel Riccardo III si emancipa dalla scontata funzione di sfondo della vicenda per divenire autentica protagonista dell’opera, avvicinando così questo melodramma a tutto quel repertorio di teatro musicale italiano che in quegli anni faceva i conti con il grand opéra. Era proprio in quegli anni infatti che, nel nuovo contesto storico e sociale venutosi a creare nell’Italia post-unitaria, si affermava un radicale mutamento del gusto che porterà in quegli anni i compositori a privilegiare nello spettacolo operistico la componente grandiosa e il sistema produttivo ad assicurare l’affermazione – tardiva, almeno per l’Italia – del grand opéra.

Il lato dell’opera che potremmo definire 'francese' è confermato da altri due elementi che, peraltro, non assumono una funzione predominante. Uno di questi è rappresentato da certa spettacolarità – che inevitabilmente si riflette anche sulla musica – accentuata dal ruolo svolto sulla scena dalle masse (coro, comparse e corpo di ballo) in alcune scene d’insieme; l’altro risiede nella componente coreografica, che ha il suo culmine nella scena della festa da ballo, perfettamente integrata nell’azione e non ridotta – come era consuetudine – a puro divertissement.

Un altro aspetto 'francese' si rileva infine nel ricorso al 'colore', sia strumentale che vocale, che a volte si esplicita nell’introduzione di alcuni pezzi di genere, fortemente caratterizzati sul piano musicale, come il Coro di marinai Viva la birra con la successiva Barcarola e la Ballata Era Lidia, cantata da Scroop.

In sostanza il Riccardo III esprime il tentativo da parte di Canepa di interpretare un testo teatrale in modo più moderno, distante da quella cultura melodrammatica di matrice scolastica che aveva costituito un fondamentale riferimento per le prime due opere. Questo tentativo, rimasto in parte incompiuto, comportò comunque un significativo arricchimento del linguaggio melodrammatico, particolarmente evidente nel taglio formale dei pezzi chiusi, nella strumentazione e nella condotta vocale, perseguito affiancando alle soluzioni suggerite dalla lezione più conservatrice del teatro musicale italiano del secondo Ottocento alcune reminiscenze provenienti dalla più recente produzione italiana (Ponchielli) e francese (Gounod).

[da: Antonio Ligios, Il Riccardo III di Canepa, in Musica e musicisti in Sardegna, vol. 3: Cappelle, teatri e istituzioni musicali tra Sette e Ottocento, Sassari, Delfino, 2005]