Saper parlare al telefono
print this pageNegli anni Cinquanta anche se il telefono in casa era ancora un lusso per pochi, in teoria tutta la popolazione italiana poteva avere accesso al servizio attraverso i telefoni pubblici. Ma giacché nei posti pubblici il numero era spesso composto da chi gestiva il servizio, l’avere fatto o ricevuto delle telefonate non implicava l’abilità minima necessaria per comporre il numero nel disco combinatore. Anche saper “parlare” al telefono era però tutt’altro che scontato. Su questo si basavano molte gag cinematografiche. Era infatti un espediente comune creare situazioni di comicità fondate sui goffi comportamenti al telefono di chi apparteneva a ceti più popolari o proveniva dalla campagna.
AL CINEMA: LA CAMERIERA DI TOTO'
Nella commedia di Mario Monicelli e Steno del 1952 Totò è il misogino protagonista che lancia divertenti invettive contro il genere femminile in una serie di siparietti comici. Suscitano ilarità le scene in cui la giovane cameriera dimostra tutta la propria incompetenza nell’uso del telefono.
AL CINEMA: UNA TELEFONATA DAL BAR
Nella sequenza del film di Renato Castellani, del 1952, la giovane Carmela, interpretata da Maria Fiore, arriva dal paese a Napoli per incontrare il fidanzato Antonio, inviso alla famiglia. La conversazione al telefono tra i due ragazzi di campagna suscita ilarità per l’evidente scarsa abitudine che i due hanno con l’uso del telefono.
LE MEMORIE DI UN GIOVANE EMIGRATO
Antonio Sbirziola, nato a Butera (Caltanissetta) nel 1942 ricorda nella sua autobiografia la sua prima telefonata quando da intraprendente sedicenne arrivò a Genova per cercare lavoro. Era il 1958.
“Alle ore sei di mattina, il treno arriva a Genova Pringipe, scento dal’treno, e cammino alla direzione che tutti i passegeri si avviano. Arrivo fuori della stazione ferroviaria. Guardo in giro se vedo a zio Nunzio, non ce nessuno. Aspetto fino alle ore nove e non lo vedo. Vedo i telefoni publici, pero non o mai telefonato, non so come adoperarlo. Appogio la mia valigia vicino al’telefono. Guardo di come loro adoperano il telefono, vedo che mettono la moneta rotonta. Dopo che un signore a finito di telefonare le dico. Scusa signore, dove posso conperare la moneta per il telefono? Risponte i Gettone le puoi conperarli nel’tabaccaio per £ 50 luno. Le risponto grazzie tanto. Vado nel tabaccaio e conpero un gettone. Faccio il numero e rispontono, sento la voce pero non capisco niente, e mi chiudono il telefono. Vado a conberarmi un altro gettone, mi rispontono e io per essere sicuro, le dico io sono Antonio Sbirziola, e mi trovo a Genova Pringipe. Si mette a parlare e non le capisco un niente. Le dico aspetta un minuto. Chiamo a un signore che passa, le dico scusa puo parlare lei al’telefono che non capisco quello che dicono? Lui fa un sorriso e mi dice si che risponto io. Come risponte le dice, parlo sotto il nome di un giovane che a difficolta di parlare al telefono. Lui si trova a Genova pringipe, alla stazione ferroviara. Mi chiede come il tuo cognome? Risponto Sbirziola Antonio. Il suo nome e Sbirziola Antonio, cosa le devo dire a questo giovane? Come finisce di parlare, mi dice prente il taxi le presente l’intirizio, che lui ti porta, e tuo zio ti aspetta accasa.”
Tratto da Antonio Sbirziola, Povero, onesto e gentiluomo. Un emigrante in Australia 1954-1961, pp. 113-114.