La follia che nasce dalla guerra: indagine nelle carte dell'Ospedale psichiatrico di Ancona

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La guerra non è solo battaglie, assalti alla baionetta, distruzione e macerie; è anche mutilazione del corpo e dell’anima, shock, orrori e, infine, pazzia.

Molti soldati, sopravvissuti agli scontri sul campo, sono tornati a casa, spesso dopo un lungo viaggio attraverso gli ospedali militari, irrimediabilmente sconvolti nella psiche: uomini arrivati al fronte in giovane, giovanissima età, con esperienze di vita semplici, il più delle volte legate solo al luogo e alla famiglia di origine, uomini che fino a quel momento avevano conosciuto soltanto il lavoro dei campi o qualche altro umile mestiere.

Sono i fanti, quelli che nella Leggenda del Piave appaiono trasfigurati dall’amor di patria in eroi: “No!” dissero i fanti “Mai più il nemico faccia un passo avanti!”

Il coraggio e la paura hanno avuto un prezzo alto, incalcolabile a fronte del dolore sofferto.

Di questo dolore resta ancor oggi traccia in una documentazione, che nel suo insieme è intrisa di sofferenza: le carte dell’Ospedale psichiatrico provinciale di Ancona, che per gli anni della Grande Guerra e per quelli immediatamente successivi offrono la testimonianza, delicata e commovente, dei postumi del conflitto.

 La struttura sanitaria, costruita per delibera del Consiglio provinciale sui disegni dell’ingegnere Raniero Benedetti e solennemente inaugurata nel luglio del 1901, inizia a funzionare sotto la guida del dottor Riva e si pone fin dai primi anni come un organismo altamente qualificato nell’assistenza e nella cura dei malati di mente, tanto da ottenere nel 1911 e nel 1914 un “diploma di onore” ed essere, in prosieguo di tempo, segnalata dal Ministero della Sanità come “struttura da prendere a modello”.

Dotato di laboratori scientifici e di ampi padiglioni, l’Ospedale può ricevere circa 700 pazienti, provenienti dall’intero territorio provinciale, ma anche da altre parti d’Italia per la fama soprattutto di alcuni psichiatri quali Gaetano Riva e Gustavo Modena, al quale si deve l’introduzione delle teorie freudiane e delle moderne terapie psicanalitiche.

Le cartelle cliniche dei malati per gli anni dal 1901 al 1978 - quando, a seguito della legge Basaglia, gli ospedali psichiatrici cessano ufficialmente di esistere - costituiscono una ingente mole di materiale documentario consegnato all’Archivio di Stato di Ancona nel 2010 e qui conservato, campo di indagine privilegiato per ricerche di carattere medico-sanitario, statistico e, soprattutto, sociale.

Da queste angolazioni, infatti, è possibile leggere l’evoluzione del concetto di malattia mentale, l’approfondimento nella conoscenza della psiche, insieme al racconto di tante vite, di uomini e donne accomunati tutti da un triste destino.

La schedatura della intera documentazione ha consentito di rilevare come negli anni del conflitto, e in particolare nel ‘17 e ‘18, ma ancora fino al 1920, la maggior parte dei pazienti uomini è costituita da “militari”: in quegli anni passano nel manicomio anconitano circa seicento soldati (tra questi due “prigionieri di guerra”),

messi a dura prova da una disciplina ferrea che considerava a priori “vigliacco” o “disfattista” chiunque non si fosse immediatamente integrato nella vita militare, stremati da mesi di combattimento nelle trincee malsane e fredde dell’altopiano carsico o del fronte dolomitico, toccati in profondità e in maniera quasi irreversibile da situazioni estreme, dove la natura umana è stravolta e la follia late già nelle menti, anche, spesso, di chi comanda.