L'Istituto di rieducazione professionale dei mutilati di guerra "Villa Luisa AlmagiĆ " di Ancona

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Nel corso della Grande Guerra e negli anni seguenti uno dei problemi di maggiore impatto sociale fu, senza dubbio, quello dell’accoglimento e dell’assistenza offerta a coloro che dal fronte tornavano segnati nel corpo e nella mente. La presenza di migliaia di mutilati e invalidi, così come dei cosiddetti scemi di guerra (ossia dei colpiti da nevrosi post traumatica per quanto vissuto in battaglia, pazienti che venivano ricoverati tanto in ospedali psichiatrici militari che civili), determinò la nascita di una pluralità di istituzioni pubbliche destinate al soccorso dei reduci menomati, delle vedove e degli orfani.

Una tipologia di assistenza che, di fatto, ospitandoli in apposite e separate strutture, allontanava dal resto della società quanti restavano a testimoniare con il proprio scempio l’inutile crudeltà della guerra, mentre la propaganda filo-bellica continuava nell’opera di trasformazione eroica di ogni mutilazione.

La creazione di una rete di sostegno finalizzata al recupero fisico, psicologico e sociale dei reduci invalidi, con la predisposizione di diversificati corsi professionali da frequentare, era una delle risposte istituzionali all’emergenza seguita al conflitto: quanto la patria offriva a quei figli.

In questo senso, dal 15 maggio sino al 31 dicembre del 1920, fu attivo ad Ancona l’Istituto di rieducazione professionale dei mutilati di guerra “Villa Luisa Almagià”. Esso ospitò e mantenne circa 300 ex militari marchigiani e abruzzesi, gran parte dei quali -al termine dei rispettivi corsi- ricevette in dono gli attrezzi del mestiere appreso.

La struttura, una splendida villa con annesso parco costruita all’inizio del ‘900 su progetto dell’architetto Magni, generosamente concessa da Eleonora Almagià e intitolata in memoria della figlia Luisa, era gestita dal Comitato Marchegiano pro-mutilati, ideatore di numerose iniziative benefiche.

Le attività realizzate dal comitato, presieduto dall’avv. Alfredo Felici (sindaco di Ancona dal 1915 al 1919) e poi dal prof. Gustavo Modena (insigne psichiatra che diresse il Manicomio provinciale del capoluogo occupandosi allora dei tanti militari ricoverati), furono riconosciute dai rappresentanti del Governo e del Ministero della Guerra come altamente benemerite, tanto che l’istituto di Villa Almagià fu descritto come “uno dei meglio organizzati e diretti d’Italia”.

Ad Ancona i corsi per la rieducazione professionale dei mutilati erano dedicati all’apprendimento di vari mestieri. Nell’istituto si formarono infatti giardinieri, sarti, calzolai, orologiai, tipografi e legatori di libri, falegnami ed ebanisti, tornitori, meccanici, telegrafisti e dattilografi. Insegnamenti furono poi dedicati anche a materie definite Disegno industriale e plastica, Coltura generale e impieghi.

Una testimonianza particolare sulla storia di tale “soccorso” temporaneo e straordinario, in certo modo venata della retorica imperante in quegli anni, è fornita da una pubblicazione di Ottaviano Morici (già direttore di Villa Almagià) edita nel 1929 all’interno di un volumetto dedicato a vari istituti assistenziali (opera rara, una copia della quale è conservata nella Biblioteca dell’Archivio di Stato di Ancona).

La pubblicazione, intitolata Per gli umili e per gli eroi, contiene ricordi personali, resoconti delle attività realizzate, memorie di varie celebrazioni ed è corredata da alcune interessanti tavole fotografiche che documentano i diversi spazi destinati agli invalidi e gli insegnamenti loro impartiti.