L'archivio della famiglia Milesi Ferretti: il Capitano Corrado, eroe della Grande Guerra

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L’archivio privato dell’antica e nobile famiglia Milesi Ferretti de Foras, concernente il ramo stabilitosi ad Ancona nel secolo XVIII dove unì al cognome originario quello dei Ferretti, fu acquistato nel 1978 dall’allora Ministero dei Beni Culturali e Ambientali per l’Archivio di Stato di Ancona, istituto che lo conserva permettendone la consultazione e lo studio. Il fondo documentario non ha una struttura organica e unitaria: infatti rappresenta solo una porzione dell’intero complesso, tanto che una rilevante parte di esso è ancora di proprietà del conte Giovambattista Milesi Ferretti.

Il fondo acquisito dall’Archivio di Stato, sommariamente elencato in attesa di una analitica inventariazione, consta di 24 buste di atti sciolti e di circa 100 tra registri, quaderni, riviste, agende e altro ancora.

La documentazione, cronologicamente relativa ad un periodo che va dall’ultimo trentennio del secolo XIX sino alla prima metà del XX, è principalmente costituita dalla corrispondenza strettamente privata di Laura Nasalli Rocca (1857-1942), moglie del conte Antonio Milesi Ferretti (1857-1935) e di Maria Filippetti, vedova del loro figlio Corrado (1881-1915) caduto in battaglia nei primi mesi della Grande Guerra.

Oltre al carteggio (lettere, telegrammi, note e conti, contratti matrimoniali, articoli di giornale, etc.) sono presenti registri di amministrazione del patrimonio familiare e di contabilità domestica, quaderni di appunti, diari di viaggio e memorie diverse. In tale porzione dell’archivio Milesi Ferretti, inoltre, sono confluite per varie ragioni scritture di altri nuclei familiari: gli Ulissi-Baldini di Sant’Arcangelo di Romagna (proprietari del castello di Falconara Alta sino al 1964), i Nasalli Rocca di Piacenza e l’antica famiglia savoiarda dei de Foras.

Tra questa congerie di documentazioni, riguardo al primo grande conflitto sono di rilevante interesse quelle concernenti il conte Corrado Milesi Ferretti, nato nel 1881 ad Ancona e caduto sul campo dell’onore nel giugno 1915 a Son Pauses, fronte dolomitico non lontano da Cortina, durante l’assalto ad un forte austriaco.

Questo personaggio, ufficiale di carriera (e nipote del generale Saverio Nasalli Rocca comandante della sua divisione nel 1915) che aveva preso parte alla guerra italo-turca meritandosi la decorazione di una medaglia di bronzo, nel 1914 venne promosso capitano e nel maggio dell’anno successivo - dopo l’entrata in guerra dell’Italia - fu tra i primi a passare la frontiera in Cadore con il 23° Reggimento Fanteria.

Corrado cadde il 15 giugno 1915, giorno del suo trentaquattresimo compleanno, guidando la sua Compagnia all’assalto di postazioni nemiche e per questo gli fu concessa la medaglia d’argento al valor militare.

 

Nell’archivio di famiglia conservato ad Ancona sono presenti varie testimonianze, ancora in gran parte da analizzare e studiare, concernenti la vita militare e la morte in combattimento del conte Corrado Milesi Ferretti: lettere, taccuini e diari, fotografie, cartoline, resoconti, stralci di giornali, riviste e articoli diversi editi in occasione delle celebrazioni in memoria del caduto.

Di questo materiale si offre al pubblico una piccola parte esemplificativa, corredata dalla trascrizione di alcuni brani tra i quali uno estrapolato dal diario della madre dell’eroe. Un testo che, ripercorrendo la vita di Corrado dalla nascita sino alla morte, fu scritto per i nipoti nel settembre del 1917 così da tenere sempre vivi il ricordo e le gesta del loro padre caduto agli inizi di una guerra che ancora continuava, con incerta sorte.

Il brano, che rappresenta le pagine conclusive del diario di Laura Nasalli Rocca, appare ai nostri occhi e al sentire odierno intriso di accenti talvolta fortemente retorici che sembrano non lasciare spazio al dolore materno.

La lettura di simili memorie, tuttavia, deve tenere conto dell’epoca in questione, del rango aristocratico della famiglia Milesi Ferretti e dei valori da questa condivisi: patriottismo (tanto da considerare il conflitto mondiale come l’ultima guerra d’indipendenza), piena fedeltà alla monarchia (il sovrano è visto come primo soldato d’Italia, esposto come gli altri ai pericoli dei combattimenti), solidissima fede cattolica (l’eroe viene spesso descritto come un santo, consapevole del proprio sacrificio). La voce narrante è quella di una nobildonna che aveva per fratello un generale di divisione, per figlio un capitano uscito dall’Accademia militare di Modena e che quindi mostra aperto disprezzo verso i pochi disfattisti e i loro “disonorevoli” ideali. Ad essi contrappone le maschie virtù militari, la gloria, l’eroismo di chi combatteva e moriva per l’Italia.

Una lettura che dunque va interpretata e considerata, anche da un punto di vista sociologico, quale voce di una classe sociale elitaria, priva di qualsivoglia accento critico contro la guerra e l’inutile strage. Una classe dominante che appare lontana dalla reale portata della tragedia bellica e che, come nella nostra vicenda, persino in occasione della perdita di un figlio non sembra mostrare incertezze e per questo non concede parole al dolore.

La vittoria attesa arriverà e con essa ritorneranno i sopravvissuti.

Chiara testimonianza di un simile patriottismo è riscontrabile nella perentoria esortazione che la nonna rivolge ai nipotini, orfani di guerra: «...in quella del Re, come in quella dell’ultimo fantaccino d’Italia, venererete la divisa che portò vostro padre».