Letteratura d’occasione
print this pageNell’Album di disegni della famiglia Albani sono conservati componimenti, per lo più manoscritti su fogli di carta scritti da ospiti partecipanti a banchetti, concerti, nozze ed eventi della famiglia Albani con l’intento di ringraziare e lodare i signori e in particolare il conte Venceslao Albani. Per la presenza di sonetti per nozze, epistolari e componimenti celebrativi si è pensato di denominare questa sezione Letteratura d’occasione sottolineando sia l’importanza della circostanza che l’intento encomiastico di queste composizioni.
Venceslao Albani
Sin dal Settecento la famiglia Albani si fregiò del titolo di difensore del Comune e fu impegnata nell'arbitrare le liti e nell'appoggiare le richieste degli Urgnanesi presso le autorità di Venezia prima e del governo austriaco poi. Nei componimenti presenti nell’Album emerge la figura del conte Venceslao Albani e di riflesso le sue cariche politiche e i benefici ottenuti per gli Urgnanesi in diversi campi. Con la caduta della dominazione austriaca, fu sciolto ogni impegno finanziario e il conte dovette dichiarare fallimento.
Si tratta di un'ode composta da sei quartine di endecasillabi che elogia il conte Venceslao Albani per il suo valore e la sua operosità nei confronti dei cittadini di Urgnano. Il dedicatario dell'ode Ezechiele Lanfranchi ricorre come rappresentante della Giunta Municipale nel 1906 in un documento riguardante l'ospedale Magri di Urgnano di cui Leonardo Albani, figlio di Venceslao, fu presidente dal 1882.
Sec. XIX. Manoscritto, mm. 240 x 196.
Come le due successive, l’ottava fu scritta dall’ingegner Rampinelli di cui non si hanno notizie ma si deduce che abbia viaggiato molto in Africa, Gallia, Svizzera e Inghilterra. Anche questo componimento vuole celebrare la Rocca Albani e il suo proprietario. Alla fine vi è il riferimento all’Album della Rocca Albani, probabilmente già usato per raccogliere componimenti, disegni e dediche alla famiglia.
XIX secolo. Manoscritto, mm 194 x 235.
Si tratta della prima stesura di un componimento con il titolo “La Riconoscenza”, poi riscritto con il titolo “Il Ritorno". Fu scritto per la felice conclusione delle trattative tra il conte Venceslao Albani e il Granduca di Toscana Leopoldo II con l'indennizzo per il negato privilegio agli Urgnanesi di lavorare come facchini nei porti di Livorno e di Pisa (Etrusche contrade) che poi fu utilizzato per la fondazione della Causa Pia di Culto, denominata Commissaria Albani, istituita il 26 febbraio 1854.
1853. Manoscritto, mm 278 x 205.
E' la stesura definitiva del componimento precedente con il titolo “Il Ritorno”, dedicato al conte Venceslao Albani chiamato ancora una volta Padre della Patria e che meriterebbe l’innalzamento di statue per ricordare il successo in favore degli Urgnanesi nel 1853.
1853. Manoscritto, mm 340 x 230.
PIO V
Nell’Album sono presenti diversi componimenti che fanno riferimento all’episodio secondo il quale nel 1550 fra Michele Ghisleri, poi divenuto papa con il nome di Pio V, soggiornò presso la Rocca di Urgnano. Oggi, a memoria dell’episodio, una stanza al secondo piano del castello è ancora intitolata a questo illustre personaggio.
Il sonetto fu composto per una visita presso Rocca di Urgnano del professor Carlo Valsecchi il 15 ottobre 1851 con l’intento di celebrare la famiglia Albani attraverso la loro dimora. Non vi è traccia dell’autore del componimento.
15 ottobre 1851. Manoscritto, mm. 240 x 185.
Anche questo sonetto fu composto per una visita presso Rocca di Urgnano del professor Francesco Regonati e fa riferimento alla presenza di una stanza all’interno del castello in cui avrebbe dimorato papa Pio V. Purtroppo non si hanno notizie di Francesco Regonati.
Sec. XIX. Manoscritto, mm 240 x 195.
Il biglietto accompagnava un’ottava riguardante il busto e la stanza di Pio V presso la Rocca di Urgnano. Il mittente è l'avvocato Clemente Bogni, già autore di un altro scritto al Conte Venceslao Albani. In questa lettera vi sono anche dei riferimenti all’ottava del canonico Berardi, scritta per elogiare il busto di Pio V e la collocazione che questi componimenti dovevano avere prima di entrare a far parte dell’Album Albani: Bogni infatti parla di “versi appesi al busto” di Pio V o all’uscio della stanza, provando che gli ospiti della nobile famiglia, invitati a visitare il castello, componessero al momento versi sugli ambienti e le opere da cui erano colpiti.
Sec. XIX. Manoscritto, mm 247 x 195
Di nuovo un componimento poetico, in questo caso anonino, che allude alla collocazione del busto di papa Pio V, realizzato dall'artista Benzoni, in una stanza della rocca di Urgnano dove probabilmente fu ospitato l'illustre personaggio.
Sec. XIX. Manoscritto, mm 275 x 225.
Carlo Bartolomeo Romilli
Interessanti due componimenti scritti dal professor Carlo Bartolomeo Romilli (Bergamo 1794 – Milano 1859), personaggio molto noto durante il periodo risorgimentale lombardo.
Proveniente da una famiglia comitale, Romilli fu professore di lettere a Bergamo, esponente dell’Ateneo di Scienze Lettere ed Arti e nel 1835 fu nominato canonico onorario della cattedrale. Nel 1845 papa Gregorio XVI lo designò vescovo di Cremona e nel 1847 vescovo di Milano. La sua nomina assunse un significato rilevante nelle lotte d’indipendenza del Lombardo-Veneto dal dominio austriaco tanto che fu accolto dalla folla con acclamazioni pubbliche sedate poi dalla polizia austriaca. Si trattava infatti della nomina di un vescovo di Milano italiano, dopo un austriaco. Durante le Cinque Giornate di Milano Romilli cercò di sedare gli animi degli insorti e, dopo la sconfitta degli italiani nella Prima Guerra d’Indipendenza, partecipò alla delegazione del re Carlo Alberto per tratta l’armistizio con il maresciallo Radetzky (5 agosto 1848). La sua opera nella diocesi di Milano continuò, pur essendo inviso alle autorità austriache. Nel 1855 il concordato fra Austria e Santa Sede ripristinò una certa autonomia dell'autorità ecclesiastica di cui però Romilli non poté avvalersi per la sua salute cagionevole, tanto che fu sostituito.
Le strofe presenti nell’Album della famiglia Albani probabilmente si riferiscono al periodo in cui Romilli fu parroco di Trescore Balneari e in cui intrattenne rapporti con la famiglia Albani.
Il componimento fu scritto alla bambina di quattro anni Camilla, figlia del conte Venceslao Albani, dal professor Carlo Bartolomeo, probabilmente nel periodo in cui fu parroco di Trescore Balneari e in cui intrattenne rapporti con la famiglia Albani.
Sec. XIX. manoscritto, mm. 240 x 185
Il componimento fu scritto dal professor Carlo Bartolomeo Romilli in occasione di un pranzo presso la famiglia Albani che celebra due opere dell’artista Giuseppe Diotti, anch’egli presente al banchetto.
Il pittore Diotti (Casalmaggiore 1779 – Casalmaggiore 1846) , dopo essersi formato presso l’Accademia di Parma e a Roma grazie ad una pensione di studio di quattro anni, ottenne l’incarico di direttore e docente di pittura per la nuova Accademia di Bergamo, dove si trasferì nel 1811 e dove passò molti anni dedicandosi completamente alla duplice attività di artista e insegnante. E’ in questo periodo che dipinse le opere citate nel testo: la tela Il conte Ugolino nel 1820 per il conte Paolo Tosio di Brescia, ora custodita presso l’omonima Pinacoteca civica e l’ Antigone condannata a morte da Creonte nel 1845, ispirata alla tragedia dell'Alfieri ed eseguito per l'Accademia Carrara in Bergamo dove si trova tuttora.
Sec. XIX. Manoscritto, mm 240 x 185
Il Lapidario Sozzi
Nell’Album di disegni Albani sono presenti una litografia e un biglietto riguardanti il Lapidario Sozzi di Bergamo indirizzati a Fermo Pedrocchi Grumelli. La loro presenza è comprensibile solo facendo riferimento all’albero genealogico della famiglia Albani. Infatti il destinatario è il marito di Degnamerita Albani, figlia del conte Venceslao. Probabilmente la coppia doveva condividere con il conte Albani la passione per la letteratura e le arti poiché figura come proprietaria di alcuni dipinti e di un codice manoscritto, il cosiddetto Codice Grumelli, contenente La Divina Commedia commentata da Jacopo della Lana e tradotta dal volgare in latino da Alberico da Rosciate.
Il biglietto fu scritto da Paolo Vimercati Sozzi (Milano 1801 – Bergamo 1883) per accompagnare una litografia del Lapidario Sozzi di Bergamo voluto per custodire monete, stampe e reperti archeologici che il conte aveva collezionato col suo lavoro di ricerca sul territorio bergamasco. Paolo Vimercati Sozzi, appassionato del mondo antico ed appartenente ad una delle più note ed antiche famiglie di Bergamo, fu membro di accademie d’arte e di storia e presidente dell’Ateneo di Scienze Lettere ed Arti di Bergamo e probabilmente intrattenne rapporti con altri nobili del territorio e appassionati di arte e letteratura, se nel 1862 volle omaggiare il conte Fermo Pedrocchi Grumelli di una litografia che riproduceva il nuovo museo da lui inaugurato.
1862. Manoscritto, mm. 240 x 185
Il lapidario sorse per volere di Paolo Vimercati Sozzi che nel 1856 acquistò a Bergamo il palazzo degli Alessandri in via Pignolo per ospitare le sue collezioni. Nel 1868 donò alla Civica Biblioteca di Bergamo il suo medagliere e volumi preziosi. Nel 1893 la collezione venne in parte dispersa con un’asta pubblica, mentre nel 1894 gli eredi donarono alla città l’intero lapidario, successivamente divenuto nucleo fondamentale del Museo Archeologico di Bergamo.
Nella litografia i reperti, frutto degli scavi e degli studi scientifici di Sozzi sul territorio di Bergamo e destinati a valorizzare la nuova scienza archeologica, sono sistemati seguendo maggiormente il criteri delle stanze delle meraviglie rinascimentali o i gabinetti delle curiosità del Settecento che le rigide regole architettoniche ed espositive neoclassiche. Tuttavia epigrafi, rilievi e sculture sono stati riprodotti con estrema fedeltà tanto da poter riuscire a rintracciare alcune iscrizioni rappresentante nella litografia in lapidi in mostra nell’attuale Civico Museo Archeologico di Bergamo.
1860 - 1870. Litografia, mm. 240 x 185
La lettera è scritta al conte Venceslao Albani per ribadire la propria fedeltà e per dilettarlo con tre sciarade create con il nome dei due figli maschi del conte Leonardo e Bonifacio. Il mittente è l'avvocato Clemente Bogni, nominato nel 1808 supplente presso la corte di giustizia di Bergamo dall'imperatore dei Francesi e re d'Italia Napoleone, ma anche autore di un componimento in occasione delle nozze tra Chiaretta Bozzi col nobile signore Pietro Adelasio a dimostrazione della circolazione di biglietti, lettere e componimenti poetici scritti in occasione di banchetti e cerimonie.
Sec. XIX. Manoscritto, mm. 240 x 185
L’autore del sonetto è Antonio Dragoni, primicerio della cattedrale di Cremona e appassionato di storia locale, che in fondo al sonetto tiene ad indicare anche la sua età, il momento e il luogo in cui lo scrisse, facendo riferimento alla presenza di un Album nella Rocca di Urgnano. Il componimento si apre con il termine Sibillone che il commediografo Carlo Goldoni nelle sue Memorie definisce divertimento letterario in cui un fanciullo doveva rispondere d’istinto ad una domanda postagli da una persona del pubblico scelta a caso e un accademico poi, articolando l’interpretazione dell’oracolo-fanciullo, avrebbe giudicato la correttezza o meno della risposta. Probabilmente Dragoni voleva ricreare questo gioco letterario attraverso il suo componimento. Anche in questo componimento si fa riferimento all’episodio in cui la famiglia Albani offrì ospitalità nel 1550 a fra Michele Ghisleri, il futuro papa Pio V.
Si tratta di un biglietto scritto da Teresa Benci e Adelaide Gariel, probabilmente alle dipendenze della famiglia Albani, per la contessa Clara Martinengo Villagana affinché quest’ultima auguri un buon onomastico al conte Albani, suo marito.
Sec. XIX. Manoscritto, mm 125 x 136
Un altro biglietto scritto da Teresa Benci e Adelaide Gariel per augurare un buon onomastico alla contessa Clara Martinengo Villagana, moglie del conte Venceslao Albani.
12 agosto 1860. Manoscritto, mm 107 x 135
Questo sonetto fu composto per le nozze di due componenti delle famiglie Belli e Mezzadri non meglio specificati. Si può spiegare la sua presenza nell’Album Albani con il matrimonio del figlio di Venceslao Albani, Leonardo, con Giuseppina Mezzadri e il conseguente legame instauratosi tra le due famiglie.
Il componimento rientra nella letteratura d’occasione ed in particolare nei nuptialia, derivati dagli epitalami greci, omaggi letterari agli sposi e quasi componimenti oggetto, indice di promozione sociale. I nuptialia infatti venivano scritti per matrimoni tra persone illustri e il loro uso si consolidò tanto che per la loro diffusione si ricorse alla stampa.
Sec. XIX. Cartaceo a stampa, mm 243 x 180
Il componimento poetico anonimo, scritto in occasione della consegna del Premio Maccarani del 1856, celebra il conte Venceslao che partecipò all’evento in qualità di Podestà di Bergamo (1854-1856).
Il premio “Maccarani”, concorso per studi di chimica e fisica per gli studenti del liceo classico “Paolo Sarpi” di Bergamo, fu istituito in onore di Francesco Maccarani, rappresentante della cultura scientifica di Bergamo, insegnante di chimica farmaceutica, storia naturale e fisica nel locale liceo classico “Paolo Sarpi”, insignito della medaglia d’oro per benemerenze scolastiche.
1856. Manoscritto, mm 110 x 140
Il programma probabilmente riguardava un concerto tenuto nella Rocca Albani; gli esecutori sono indicati semplicemente come signori o allievi del Conservatorio di Musica. La scelta delle opere, La gazza ladra di Gioacchino Rossini, La Favorita di Gaetano Donizzetti, Cellini a Parigi e il sestetto a sei archi di Lauro Rossi, Il giuramento di Mercadante e Scaramuccia di Luigi Ricci, denotano una propensione per la musica ottocentesca.
Sec. XIX. Cartaceo a stampa, mm 330 x 235
Un altro sonetto scritto dal professor Regonati ma inviato al professor Giuseppe Rota per spingerlo a comporre ancora poesie. Ancora una volta il componimento nasce per un motivo. Non si hanno notizie dell’autore e del destinatario del componimento.
XIX secolo. Manoscritto, mm 264 x 204