Roberto Bracco

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  Drammaturgo e scrittore (Napoli 1861- Sorrento 1943)

Roberto Bracco

Esercitò a lungo il giornalismo collaborando con diverse testate (il Corriere del Mattino, Capitan Fracassa, il Corriere di Napoli) e fu autore di novelle, poesie ma soprattutto di molte opere teatrali. Ad oggi è stato uno dei più grandi autori di teatro del Novecento, prima di essere oscurato da Pirandello,  venendo candidato più volte al Premio Nobel per la Letteratura. La sua produzione fu estremamente raffinata ed eclettica e per questo fu molto apprezzato e rappresentato, sia in Italia che in Europa da attrici del calibro di Eleonora Duse, Emma e Irma Gramatica. 

Roberto Bracco e la politica

Nel 1924 sostenne alle elezioni la lista “Opposizione Costituzionale” capeggiata da Giovanni Amendola, facendo comizi e scrivendo diversi articoli e pertanto venendo duramente attaccato dalla stampa fascista. Non era mai stato un politico e non lo voleva essere. Ciò che lo spinse fu piuttosto la profonda avversione nei confronti del fascismo nascente ed il fatto di voler dare un contributo in un momento così cruciale per l'Italia. Fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto nel 1925 da Benedetto Croce. Viene eletto ma dichiarato decaduto dalla carica di deputato già nel novembre del '26, stesso anno in cui la sua casa napoletana viene quasi interamente distrutta dai fascisti e, qualche tempo dopo, resta coinvolto anche in un agguato. 
Mentre Pirandello si era schierato nelle file opposte, quelle fasciste, Bracco, viene escluso dal mondo del teatro, dall'ambiente giornalistico e da ogni altra attività pubblica. La SIAE, che Bracco aveva contribuito a fondare, non tutelava più la sua produzione e le compagnie teatrali tolsero dal loro repertorio le sue produzioni. Inoltre, per le rappresentazioni che si svolgevano all'estero c'era molta difficoltà a riscuotere, a meno che non si avesse l'appoggio dell'ambasciata, appoggio che chiaramente Bracco non aveva. Nel corso degli anni ebbe molte possibilità di lavori prestigiosi (la collana “Tutto Bracco” edita da Mondadori, copioni divenuti sceneggiature per il cinema ecc..) ma una volta arrivata in vista del traguardo la trattativa sfumava sempre, questo perchè il regime la pilotava in attesa del “gesto riparatore” di Bracco  (ossia la "conversione" al fascismo) che rifiutò sempre, ed in mancanza del quale faceva fallire tutto. 

A Bracco rimaneva soltanto il Piccolo Teatro che consentiva la sopravvivenza di molti autori, anche se non ne accresceva la fama dal punto di vista artistico. Durante gli anni del regime fu inglobato nell'OND (Opera Nazionale Dopolavoro) e pertanto dal repertorio scomparve ogni traccia della produzione di Bracco, chiaramente senza una spiegazione (se ne ha notizia dal ritrovamento di una circolare che vieta di rappresentare le opere di questo autore caduto in disgrazia). La sua censura non era artistica ma esclusivamente volta a privarlo anche di quei denari, perchè in realtà la sua produzione, nei suoi contenuti, non avrebbe assolutamente rappresentato un pericolo per il fascismo; si dice addirittura che Mussolini arrivò a pronunciare queste parole “Se Bracco non fosse stato tanto cocciuto contro di noi, io non avrei valorizzato Pirandello”. 

Roberto Bracco e il caso de "I Pazzi"

Dopo anni di silenzio, una celebre attrice Emma Gramatica riportò sulla scena unodei lavori più famosi di Bracco, “I Pazzi”, opera pubblicata nel '22 ma scritta nel '17. La Gramatica ottenne un permesso speciale dal Duce in persona, che stimava l'attrice, andando in scena a Napoli nel 1929 ed ottenendo uno straordinario successo di pubblico. Durante la rappresentazione a Roma però l'opera fu interrotta da un'azione di squadristi che si scagliarono, non solo contro i sostenitori di Bracco ma anche contro gli attori. Questa vicenda sollevò un enorme impressione nell'ambiente teatrale dimostrando l'impreparazione di questo settore nel decidere quale indirizzo prendere. Fu proprio questo episodio che contribuì all'istituzione di un sistema centralizzato di censura preventiva che prendesse in esame ogni opera da rappresentare. Il nuovo sistema fu adottato a partire dal 1931 con la costituzione di un Ufficio Unico, a capo del quale era Leopoldo Zurlo. Bracco fu uno dei pochi che non si rivolse al censore, non cercò e non accettò consigli. Malgrado tutto, il regime mai ammise la vera ragione della censura dei lavori di Bracco, le idee politiche, altrimenti avrebbe compromesso l'immagine ufficiale di liberalità che sia era dato. Zurlo stesso sapeva benissimo che un'opera doveva essere censurata per ciò che comunicava e non per le idee politiche dell'autore, ma nel caso di Bracco fu costretto a fare una “mala azione”, l'unica, come racconta nelle sue Memorie.

Nel 1935 venne indotto a vietare di “I Pazzi” e fece di più indusse Mussolini a vietarla a seguito di una lunga relazione, assolutamente inusuale per lui, in cui negava qualsiasi qualità artistica alla commedia. Anni dopo Bracco  invia la ristampa de “I Pazzi” a Zurlo, al quale chiede un parere disinteressato, non sapendo che era stata proprio la sua relazione a far vietare la commedia dal duce. Zurlo, per quanto imbarazzato risponde con una lettera tanto cortese quanto diplomatica, sostenendo di non meritare tutta la sua stima e promettendo di andarlo a trovare a Napoli (cosa alquanto inusuale per lui). Il fatto che non sia stata trovata traccia  di questo scambio epistolare fa dedurre che i due si fossero affidati a canali non ufficiali. Zurlo si recò veramente a trovare Bracco a Napoli e la lettera che segue la sua visita racconta di come  abbia tentato di ricucire i rapporti del regime con Bracco e di risolvere una volta per tutte questa sgradevole circostanza autorizzando  la ripresa di alcuni dei suoi lavori nel circuito filodrammatico (si ipotizza che anche il Ministro della Cultura Popolare Pavolini fosse d'accordo in quanto era stato lui ad autorizzare la visita di Zurlo a Napoli). Non contento, Zurlo aveva deciso di rimuovere il macigno che egli stesso aveva fatto in modo che Mussolini mettesse su “I Pazzi” scrivendo una nuova lettera al Duce in cu, toccando le corde giuste, ottenne il nulla osta. Quest'approvazione però non fu sufficiente perché una compagnia la mettesse in scena, erano gli anni più crudi della guerra e la vita teatrale era sconvolta dallo smembramento delle compagnie e dall'indisponibilità dei teatri. Si riuscì a rappresentare nel 1947, quattro anni dopo la morte di Bracco a Milano.