10 - Veduta di Villa Medici dalla parte dei giardini

Veduta di Villa medici dalla parte dei giardinizoom
Veduta di Villa medici dalla parte dei giardini

Penna, inchiostro e acquerello grigio su diversi fogli di carta quadrettata a sanguigna e trasferita su un supporto di tela azzurra,  498 x 1168 mm
La quadrettatura a sanguigna è numerata da 1 a 18
Al retro sulla tela azzurra il n. 531
BNCR: Disegni 3, III, 2

All’interno della prima finestra a sinistra le seguenti scritte: la lettera w che indica il colore bianco della parete e parola fense da tradurre con finestra.
Questo bellissimo disegno è preparatorio per una veduta fino ad oggi nota in un unico esemplare di grande qualità pittorica, siglato e datato 1685, conservato nella Galleria Palatina di Firenze. Il disegno è databile, come molti di quelli di soggetto romano della Biblioteca Nazionale, ai primi anni ottanta del Seicento e, comunque, per la presenza della gouache, prima del 1685. La tempera è citata fin dal 1691 nell’inventario della villa di Poggio Imperiale tra le proprietà della granduchessa Vittoria della Rovere moglie di Ferdinando II de Medici. Non è dunque improbabile che lo studio fosse stato eseguito dall’artista proprio in previsione della commissione medicea.

Il disegno non è in perfetto stato di conservazione, mancante com’è della parte alta della facciata interna della villa. La zona alberata a destra è stata eseguita su una carta diversamente trattata. L’importanza della veduta sta anche nel fatto che ci restituisce l’aspetto della facciata della villa, dalla parte dei giardini, al tempo in cui esistevano ancora le statue che la ornavano e che furono portate a Firenze dai Medici alla fine del Settecento. La veduta della facciata interna è presa dal centro del portico, sull’ala destra. Si notano nel portico centrale i due leoni in marmo, ora nella Loggia dei Lanzi a Firenze, nelle nicchie i due Schiavi Barbari ora a Boboli. Al centro della scala il Mercurio del Giambologna ora al Bargello, e davanti due statue in bronzo ora agli Uffizi, l’una copia del Sileno Borghese (ora al Louvre), di Jacopo Del Duca e l’altra, il Marte, di Bartolomeo Ammannati.