Muratori, Ludovico Antonio

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Realizzato nel
1887

Ritratto

  • Muratori, Ludovico

Scheda

busto in gesso

cm 70x50x40

inv. 290091

Sul davanti: L.A. MURATORI. Sul retro: Gaetano Ronca Roma 1887



Vita e opere

La_MuratoriNacque a Vignola (Modena) il 21 ottobre 1672, da Francesco Antonio e da Giovanna Altimanni.

Il padre, artigiano di qualche benessere, lo mandò a Modena nel 1685 presso i gesuiti per avviarlo alla professione forense. Nel 1688 ricevette gli ordini minori e l’anno successivo si iscrisse all’università, discutendo nel 1692 le tesi di filosofia; nel 1694 fu diacono e si laureò inutroque iure con il giurisdizionalista Gerolamo Ponziani ma presto abbandonò la professione. Fin dal 1691 aveva fatto il precettore ad Antonio Vecchi ed era entrato nelle ‘conversazioni’ modenesi.

Presso il marchese Giovanni Rangoni conobbe il letterato bolognese Giuseppe Orsi, del quale condivise la polemica con il gesuita Dominique Bouhours e scrisse la Vita (1735). Partecipò alle riunioni organizzate al monastero benedettino di S. Pietro dall’abate Benedetto Bacchini, che lo guidò nell’erudizione ecclesiastica, insegnandoli il valore della diplomatica di Jean Mabillon e degli Acta sanctorum; editore del Giornale dei letterati, lo mise in contatto con intellettuali italiani e stranieri e gli svelò il gusto dell’enciclopedismo scientifico, scandito da Cartesio e Leibniz, Marcello Malpighi e Galileo Galilei, del quale forte era la tradizione in Emilia. La dissertazione De barometridepressione (1694) ne fu un’espressione giovanile; Muratori si interessò poi alla biologia e all’elettricità. Nell’apprendistato con Bacchini, la vocazione religiosa prese forma agostiniana e giansenista. Condivise l’idea di Blaise Pascal di combattere i nemici del cristianesimo non sul loro piano – come volevano i gesuiti – ma tornando alla tradizione evangelica e della Chiesa primitiva: la dissertazione De primis Christianorum ecclesiis (1694), dedicata ad Antonio Felice Marsigli, che aveva progettato un’accademia di fisica e di storia ecclesiastica, fu rivolta, come disse nella dedica, contro gli eretici e gli «impietatis fautores».

Già noto a Giberto Borromeo – cui aveva dedicato il De graecae linguae usu et praestantia (1693, ma pubblicato postumo in Opere, 1771, XII), dove invocava il ritorno allo studio del greco – su segnalazione ai Borromeo da parte degli amici Orsi e Antonio Felice Marsigli, fu chiamato a Milano come bibliotecario dell’Ambrosiana. Vi arrivò il 1° febbraio 1695 e vi approfondì gli studi sulla prima età cristiana e sulla storia milanese anteriore al secolo XI anche per consiglio di Alessandro Cacciatore, erudito agostiniano scalzo e consultore del S. Uffizio.

In entrambi gli ambiti Muratori combatté le credenze false. Aveva acquisito la convinzione dei maurini che la superstizione fosse estranea al cristianesimo. Il libertinismo erudito si capovolse in fideismo erudito. Nel 1697 pubblicò il primo di quattro volumi di Anecdota latina (Padova), cui ne aggiunse uno in greco. Vi apparve l’edizione di quattro poëmata inediti di s. Paolino da Nola, che giudicò poi insoddisfacente: ma ebbe sempre il gusto, se non l’ansia dell’inedito. Nel 1698 pubblicò i Notula oleorum (Milano) inviati da Gregorio Magno a Teodolinda – un papiro visto da Mabillon nel 1685 –, e la dissertazione Disquisitio de reliquiis, in cui affrontò il tema delle reliquie e del culto loro, trattato da Mabillon nel De cultu sanctorum ignotorum, pure del 1698, forse letto da Muratori manoscritto. Muratori esitava a ridurre il numero dei martiri, ma deprecava siffatte venerazioni popolari. Analogo l’atteggiamento nel Commentario sulla Corona ferrea (in Anecdota latina, cit., II, 1698), che si diceva contenesse uno dei chiodi della santa Croce. Ridicolizzò infatti la leggenda e dimostrò che la corona era stata cinta da Ottone III, che erano stati i sovrani franchi a valersi di tale diritto e che l’invenzione del chiodo sacro risaliva al XVI secolo. Fu un magistrale esempio di applicazione del metodo maurino. L’arrivo di Bernard de Montfaucon a Milano nel luglio 1699 suggellò questo legame. Dieci anni dopo, confutò la replica di Giusto Fontanini nell’Epistola ad Menckenium in Dissertationem fontaninianam.

La critica alla superstizione lo spinse a indagare cosa fosse la religione. Evitò di discutere la critica spinoziana e lockiana alla fede, che per lui era mezzo sicuro di conoscenza. La sua teodicea si basava sull’accettazione delle cause finali. Contro il materialismo, seguì Nicolas Malebranche. Se le idee di David Hume sui miracoli e le credenze gli furono estranee, tuttavia era entrato nell’area della crisi della coscienza europea. Per lui, da un lato si collocavano la filosofia postcartesiana, il materialismo di Thomas Hobbes, l’empirismo inglese, la critica storica protestante e il radical Enlightenmentdi Baruch Spinoza, tutti esiti che condannò sempre come scetticismo. Dall’altro lato stava la decadenza italiana. Muratori collegò i due lati. Per uscire dalla decadenza l’Italia doveva guardare alle nuove prospettive europee, ma nella storia culturale italiana c’erano aspetti che potevano correggere quella cultura. In primo luogo, la tradizione della Chiesa. L’«età muratoriana» (Rosa, 1969) fu dunque una delle vie di uscita dalla crisi della coscienza europea, che non condusse all’Illuminismo, ma permise un ampio confronto tra le esigenze di rinnovamento del mondo cristiano.

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Perché si trova in Casanatense

Questo busto è stato posto tra i custodi della seconda sala di lettura perché in essa vi sono collocate le opere storiografiche di Muratori

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