Lazio

Nel Lazio la storia e l’evoluzione del merletto è rimasta legata per un lungo periodo di tempo alle committenze da parte di pontefici, cardinali e personaggi di corte i quali, tuttavia, non disdegnavano di indossare abiti ornati di pizzi provenienti anche dall’estero, in particolare dai confini delle Fiandre.
Nel territorio laziale le artigiane fecero uso di quasi tutte le tecniche di lavorazione del merletto, con una certa predilezione per il tombolo.
La produzione di trine conosce nella Tuscia e a Bolsena una tradizione importante e radicata tanto che, attualmente, alcune associazioni presenti sul territorio sono impegnate per il riconoscimento da parte dell’UNESCO del merletto artigianale come di bene immateriale dell’umanità. Bolsena, in particolare, si mostra da diversi anni come un alacre centro di recupero e rilancio delle più svariate tecniche di lavorazione dei filati, dedicando particolare attenzione e cura al cosiddetto merletto di Orvieto, un metodo artigianale ispirato al pizzo di Irlanda e, quindi, particolarmente elegante e tale da consentire il lavoro a più mani contemporaneamente.
Diffusa anche nel basso Lazio, la produzione artigianale di merletti è attestata storicamente, anche se spesso in progressivo declino, in varie località del territorio: Sezze, dove le fanciulle sin da bambine imparavano non solo a tessere la canapa da cui ricavavano lenzuola e biancheria, ma anche a ricamare ed eseguire trine con cui adornare i corredi di nozze; al ricordo degli splendidi merletti di Gaeta si lega la testimonianza dei numerosi ritratti eseguiti dal pittore Scipione Pulzone, originario della ridente cittadina affacciata sull’omonimo golfo, che raffigurò numerosi personaggi in abiti impreziositi da raffinati ed eleganti merletti; Cassino dove una sala del Museo annesso alla famosa Abbazia è dedicata ai merletti prodotti nella zona fra il ‘400 e l’’800.