Introduzione

La Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia, con il supporto della Direzione Generale Archivi e in collaborazione con l’Archivio di Stato di Milano, organizza la prima mostra nazionale dei beni archivistici e librari acquistati negli Uffici Esportazione Italiani.
Si tratta della prima iniziativa nazionale in tal senso: un esempio visibile e tangibile della funzione generativa dell’azione di tutela, fotografata nel momento, forse, più autoritativo e arduo del suo espletarsi, l’acquisto coattivo di beni presentati da privati in Ufficio Esportazione per ottenere l’attestato di libera circolazione fuori dal territorio nazionale.

Concepita e finanziata dalla Direzione Generale Archivi del MIBAC, al tempo diretta da Gino Famiglietti, integralista proattivo della funzione di tutela, in quanto generativa di valore pubblico, la mostra disvela al grande pubblico autentiche meraviglie (documenti, disegni, volumi), scovate negli Uffici Esportazione italiani e, soprattutto, nell’Ufficio Esportazione di Milano (MIBAC – SABAP Milano e SAB Lombardia), nel corso del 2018. Su tutti, spiccano un rotolo cartaceo della lunghezza di ben 4,80 metri, trivulziano, contenente la ‘scheda inventariale’ della Coppa Diatreta Trivulzio, conservata presso il Museo Civico Archeologico; lettere e disegni di Gio Ponti, nonché un manoscritto di bottega della cerchia di Bernardo Buontalenti, proveniente da una collezione privata bergamasca.

Grafica e allestimento sono ‘parlanti’: accattivante e innovativa la grafica, che sceglie disegni ingegneristici adottati dal top lot della mostra per rappresentare l’interpretazione della cultura della tutela come autentica leva generativa di consapevolezza collettiva e sviluppo sociale, nella misura in cui espande il diritto culturale collettivo di accedere alla conoscenza a mezzo della acquisizione al patrimonio culturale nazionale di beni, sottraendoli all’egida privata.

Di grande impatto l’allestimento: letteralmente visivo e multimediale, avvolge il visitatore in un viaggio, fisico e virtuale, attraverso gli Istituti di conservazione italiani che ospiteranno i beni acquistati per primazia ‘relazionale’.

Sorprendente la performance preview, organizzata il 12 dicembre alle ore 17.00: preceduta da una breve introduzione a cura di Annalisa Rossi, Soprintendente archivistico e bibliografico della Lombardia e Direttore dell’Archivio di Stato di Milano, presso la Sala Affrescata al primo piano di Palazzo del Senato, vedrà i beni farsi protagonisti attivi e raccontarsi al pubblico utilizzando i linguaggi espressivi del teatro e della musica, con la collaborazione di Roberto Santamaria e con le musiche inedite composte ed eseguite da Alessio Campo, musicista d’eccezione. Seguirà vernissage.

La mostra è aperta dal 13 dicembre al 2 febbraio e sarà accompagnata da una serie di eventi collaterali, workshop, concerti e performance, il cui programma aggiornato e di dettaglio sarà attingibile direttamente sui siti istituzionali della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia e dell’Archivio di Stato di Milano.

Credits: cfr. Colophon
Informazioni: cfr. Banner

Annalisa Rossi
Soprintendente archivistico e bibliografico della Lombardia e Direttore dell'Archivio di Stato di Milano

 

 

IL RUOLO DELL’UFFICIO ESPORTAZIONE NELL’AMBITO DELLA TUTELA E VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI: L’ACQUISTO COATTIVO*


*nel ricordo dei miei genitori a cui devo il mio spirito critico e la mia determinazione
e ai miei quattro figli cui cerco di trasmetterli


Se tutti i pezzi presenti in mostra, finora incogniti e inediti, sono divenuti parte del patrimonio culturale nazionale e pertanto fruibili dalla collettività, lo si deve all’operato degli uffici esportazione che li hanno resi noti, accertati e dichiarati d’interesse pubblico a seguito della loro presentazione per l’espatrio. Il ruolo giocato dai predetti uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale è pertanto fondamentale. E’ grazie all’incessante attività di questi uffici, ultimo baluardo della tutela prima dell’espatrio, che si è evitata l’uscita definitiva dal Paese, richiesta dai loro privati proprietari, dei beni archivistici e bibliografici esposti, e che, di conseguenza, se ne è potuta proporre l’acquisizione, per destinarli a quelle istituzioni pubbliche nazionali, archivi di stato e biblioteche, a loro afferenti per ambito di produzione o di destinazione originaria, dove potranno continuare ad essere studiati e ammirati anche dopo l’attuale occasione espositiva.

L’attività di riconoscimento e di trattenimento degli uffici esportazione è pertanto non solo la prima tappa della valorizzazione dei beni culturali da essi acclarati, ma anche il più cogente e impattante strumento di tutela che la normativa di settore conosca e preveda da sempre. E’ infatti dalla limitazione all’uscita definitiva dal Paese di oggetti d’arte che nasce la tutela, così come si evince dagli editti dello Stato pontificio di fine Ottocento. Ciò nonostante tale attività imprescindibile, dalle procedure piuttosto complesse, resta perlopiù sconosciuta ai non addetti ai lavori e rischia a volte di essere fraintesa e avversata quale eccessiva compressione dei diritti di chi quei beni li possiede. Ed invece non è così e lo dimostra questa prima, limitata, ma pionieristica mostra, le cui opere sono state sì dichiarate in esportabili, se non temporaneamente, dagli Uffici esportazione cui erano state inizialmente presentate, ma sono anche state successivamente acquisite dall’amministrazione su proposta dei medesimi uffici e dietro corresponsione del valore stimato dalla proprietà nelle relative istanze d’esportazione, secondo un procedimento previsto dall’articolo 70 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs, 42/2004 e successive modifiche ed integrazioni), denominato acquisto coattivo perché unilateralmente proposto.

Nessuna limitazione dei diritti quindi se interviene una proposta d’acquisto, atteso peraltro che esso si perfeziona e si conclude, con decreto della Direzione Generale competente del Ministero, solo nell’eventualità che il proprietario non ritiri il manufatto dalla vendita. Da un atto di tutela, ovvero di conoscenza e riconoscimento d’interesse, ad un atto di valorizzazione quale deve essere infine inteso lo strumento amministrativo dell’acquisto coattivo. Ed è così che manufatti culturali, in questo caso bibliografici e archivistici, ovvero libri e documenti, che fino a poco tempo prima erano totalmente incogniti, gelosamente custoditi in qualche cassetto e che stavano per essere espatriati, perlopiù per essere venduti all’asta all’estero, sono stati definitivamente messi a disposizione degli studiosi e della collettività ed oggi fanno bella mostra di sé nelle teche di questo salone. Insomma, la tutela, ovvero il riconoscimento, la conservazione e la custodia dei beni culturali, quando è virtuosa è già valorizzante e viceversa la valorizzazione, finalizzata a generare nella collettività la consapevolezza dell’importanza di tali oggetti in riferimento al loro contesto storico culturale di appartenenza, è il primo passo verso la loro futura e perpetua conservazione, che è il fine della tutela.

Ma, non si raggiungono obiettivi tanto ambiziosi senza un’intensa e non sempre facile attività di studio e valutazione, senza la quale molti dei pezzi esposti avrebbero definitivamente varcato il confine e sarebbero andati irrimediabilmente dispersi. Attività che è il frutto di una sinergia di forze veramente speciale e che direi unica in uffici, quali le Soprintendenze, le cui risorse umane sono sempre più esigue, distribuite come sono su territori di competenza che risultano sempre più parcellizzati dall’ultima riforma ministeriale. A comporre e coordinare il puzzle di forze così disperse resta solo l’ufficio esportazione, l’unico in tutta l’organizzazione ministeriale che non operi in regime di territorialità, ovvero che riceva domande d’esportazione dalle più disparate provenienze nazionali e che, d’altro canto, possa utilizzare nelle proprie commissioni il personale in servizio nell’intera Regione di appartenenza.

Solo così e attraverso la fattiva rete di collaborazione fra tutti gli uffici esportazione italiani, si riesce a produrre e ricevere pareri e a fare ricerche altrimenti impossibili. Spetta infatti ai funzionari delle Soprintendenze, da quando la tutela dei beni librari è tornata nel 2015 (D.lgsl, 78/2015) di competenza dello Stato dopo decenni di gestione regionale, il difficile lavoro di riconoscimento dei singoli pezzi presentati agli uffici esportazione, nell’ambito di commissioni periodiche nella fattispecie formate da archivisti e bibliotecari delle Soprintendenze Archivistiche e Bibliografiche e delle Biblioteche nazionali. A loro compete, nel giro al massimo dei quaranta giorni previsti dalla norma, l’accertamento dei pezzi, coadiuvati a volte, quando necessario, anche da specialisti esterni di biblioteche o altri istituti specializzati in settori tipologici particolari, quali ad esempio quello della storia militare.

Ne sortisce una relazione che è alla base, l’elemento fondante e motivante, o del veto all’esportazione o, in alternativa, della conseguente proposta d’acquisto che l’ufficio formula e avvia in attesa che venga accolta dalla competente Direzione Generale di Roma, in questo caso, per tipologia di beni, dalla Direzione Archivi, o dalla Direzione Biblioteche e Istituti culturali. E il tutto nell’arco di novanta giorni dalla denuncia d’esportazione. Insomma, coordinamento, collaborazione e sinergia fra amministrazioni pubbliche e fra periferia e centro, consentono valorizzazioni insperate e tempestive. Che dire, nell’ambito della tutela, a mio parere e per quella che è la mia esperienza, non esiste lavoro più eccitante e coinvolgente di quello svolto nell’ufficio esportazione, nel quale si è costretti a mettere in campo intuito, conoscenze storico culturali, strategie giuridiche e amministrative, nonché capacità di lavoro di squadra e di coordinamento, tutti requisiti indispensabili per raggiungere i risultati fin qui ottenuti.

Ma, entriamo nel dettaglio delle procedure messe in atto in caso d’esportazione. Esistono a norma di legge (ovvero ai sensi degli articoli dal 65 al 70 del predetto Codice) tre possibilità, tre diverse vie da prendere a seguito di presentazione di un’istanza d’esportazione definitiva per un manufatto librario - fra cui sono ricomprese anche le incisioni, le fotografie, i francobolli e le stampe - o di altro genere che abbia più di settanta anni e che sia di autore non più vivente, sempre che esso non appartenga a collezioni pubbliche, ad enti ecclesiastici o a fondazioni senza scopo di lucro non ancora verificate, o che sia già stato dichiarato d’interesse culturale in passato, casi in cui la richiesta viene automaticamente respinta perché tali beni sono sempre inesportabili se non temporaneamente per esposizioni o restauro.

Una prima possibilità, sicuramente la più frequente, è quella in cui non si ravvisi un interesse culturale particolarmente importante per l’oggetto presentato e pertanto per quest’ultimo la commissione rilasci l’attestato di libera circolazione o la licenza d’esportazione definitiva qualora la sua destinazione sia un paese extraeuropeo e il suo valore dichiarato sia pari o superiore a quello previsto dalla normativa europea.

Nei casi invece in cui il bene rivesta interesse per il patrimonio culturale italiano, interviene la già summenzionata proposta d’acquisto coattivo, indirizzata al competente ufficio centrale del Ministero, alla cifra dichiarata nella domanda d’esportazione e a favore di un istituto pubblico statale, oppure il diniego al rilascio di detto attestato, opzione che postula il contestuale avvio del procedimento di dichiarazione d’interesse che si conclude, nel caso dei solo beni librari, ad opera delle Soprintendenze Archivistiche e Bibliografiche, per le altre tipologie di beni, con decreto della commissione di Soprintendenti insediata presso i Segretariati Regionali dei territori di competenza. Ciò premesso, va sottolineato che, pur essendo procedimenti alternativi, può anche succedere che, una volta intrapreso il percorso del diniego, l’amministrazione centrale, qualora ne abbia la disponibilità economica e sempre che il proprietario sia interessato a privarsi dell’oggetto, lo acquisisca attraverso una trattativa privata.

Ma qui è bene entrare nel merito dei manufatti esposti, di quei volumi, quelle pergamene e quei documenti che durante questi pochi, ma intensissimi anni in cui ho avuto l’onore e l’onere di guidare l’Ufficio Esportazione di Milano, hanno occupato tanta parte del mio tempo lavorativo e diverse notti di studio. E immediatamente spiccano due casi analoghi: quello del piccolo libro d’Ore, Offiziolo di preghiere per la devozione privata, interamente miniato nel terzo quarto del XV secolo dalla mano o dalla bottega dell’artista tedesco, ma fiammingo e bruggese d’adozione, Willem Vrelant e il particolarissimo manoscritto d’artiglieria sabauda del XVIII secolo contenente numerose tavole disegnate ed in parte firmate o siglate dal giovane ed estroso Giovanni Michele Ravicchio, militare di carriera nello stato Sabaudo e comandante per pochi mesi della Scuola d’Artiglieria e del Genio Militare di Torino, per la quale, ad uso di manuale scolastico per i militari allievi, realizza con dovizia di dettagli e didascalie descrittive, le illustrazioni di cannoni, colubrine, mortai e affusti, con una ricchezza grafica e una perizia tecnologica senza precedenti. Entrambi i pezzi sono infatti stati acquisiti dal Ministero attraverso una trattativa privata, una volta intervenuto il loro diniego all’esportazione, a riprova della validità del loro trattenimento nei confini nazionali.

Stessa sorte è spettata al volume del 1462-1463 contenente un Trattato ecclesiastico trascritto manualmente dal colto e insigne teologo francescano Ludovico della Torre per la propria biblioteca privata, che egli dona al convento francescano di San Bernardino a Verona, il cui patrimonio bibliografico è andato successivamente interamente disperso. Si tratta di un testo, tutelato con l’acquisto e restituito ad un archivio pubblico, che si configura come una rara testimonianza non solo della poliedrica personalità del frate, ma anche del ruolo fondamentale giocato dal francescanesimo veronese nel Rinascimento.

È invece stato acquistato con la normale procedura della proposta formulata dall’ufficio esportazione, ai sensi del già citato articolo 70 del Codice, il compendio di due disegni architettonici e una lettera ad essi connessa, autografi del celebre architetto milanese Giovanni Ponti, detto Gio, agli esordi della sua carriera per l’innovativa, quanto classicheggiante villa detta l’”Ange Volant” commissionatagli dall’amico Tony H. Bouilhet nel 1926 e costruita a Garches nei dintorni di Parigi, primo edificio realizzato all’estero dall’artista milanese con l’allora socio Emilio Lancia, il cui progetto è descritto nella lettera che ne costituisce pertanto il fondamento teorico ed estetico. Lo studio di questo compendio pontiano è stato peraltro l’occasione, da parte della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia, per intraprendere un ulteriore percorso di tutela, avviando un’attività di verifica d’interesse su tutto il patrimonio archivistico e grafico dell’artista, in parte conservato presso l’archivio milanese Gio Ponti, di recente riordinato, ma ancora non protetto e tutelato dal Ministero.

Questi sono solo alcuni degli originalissimi inediti manufatti esposti in mostra, la cui acquisizione è, come si è già detto, il coronamento di un efficace lavoro di squadra e il presupposto per ulteriori percorsi di valorizzazione e tutela.

Ma, non si possono non menzionare a questo punto due dei più interessanti pezzi in esposizione, quali la pergamena di laurea del dottor Fulvio Fortunato di Giffoni del 1629, manoscritta e inquadrata da una decorazione miniata con immagini sacre e l’aquila imperiale asburgica, secondo una tradizione documentaria secolare, ma personalizzata, ancora in voga a Napoli in epoca già pienamente barocca, quando la miniatura aveva da tempo lasciato il posto alla stampa; e lo straordinario taccuino di disegni di meccanica e architettura militare, di scenotecnica e di architetture attribuibile nientemeno che al celebre architetto, ingegnere e scenografo fiorentino Bernardo Buontalenti o ad un artista della sua stretta cerchia di collaboratori, indiscusso capolavoro assoluto e impareggiabile strumento in grado di gettare nuova luce sugli ambiti e nei contesti ove Buontalenti operava, specialmente come ingegnere e scenografo. Vale la pena di ripercorrere le tappe che hanno condotto alla sua determinante acquisizione, avvenuta in tempi recentissimi. L’opera assolutamente sconosciuta è stata presentata per l’espatrio senza alcuna attribuzione d’ambito e con un valore dichiarato decisamente sottostimato nel lontano aprile 2016; a giugno l’ufficio esportazione ne ha proposto l’acquisto all’allora Direzione Generale Belle arti e paesaggio di Roma, ma prima ancora che questa si pronunciasse, cinque soli giorni dopo la comunicazione della proposta, la proprietà, venuta a conoscenza dell’effettivo valore culturale ed economico del bene tramite la circostanziata relazione storico artistica parte integrante della proposta stessa, ha ritirato il manoscritto dal procedimento, ai sensi del comma 2 del predetto articolo 70 del Codice, e pertanto ha sottratto il taccuino non solo al suo possibile acquisto pubblico, ma anche alla sua prevedibile sottoposizione al regime di tutela. Ciò fatto, l’ufficio esportazione è uscito di scena ed ha iniziato ad occuparsene l’allora Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Milano, Bergamo, Como, Lecco, Lodi, Monza Brianza, Pavia, Sondrio e Varese che pochissimi giorni dopo la summenzionata rinuncia, ha avviato il procedimento di dichiarazione d’interesse ed ha iniziato così l’iter di apposizione del vincolo storico artistico. Solo diversi mesi dopo, una volta intervenuta la notifica del decreto di dichiarazione d’interesse, è partita una trattativa privata d’acquisto che si è conclusa solo recentissimamente. Insomma, anche in questo caso, come nei precedenti già considerati, il prudente trattenimento del magnifico codice entro i confini nazionali ne ha permesso l’acquisto e quindi la sua più ampia valorizzazione. 

Non si può comunque concludere questo breve excursus, senza far presente quale sia la vastità e la varietà delle tipologie di beni che vengono presentati agli uffici esportazione. In effetti, i beni librari qui esposti sono solo una minima parte dei pezzi che ogni settimana vengono visionati dalle commissioni per la loro esportazione; oggetti di qualsiasi sorta, dagli strumenti scientifici alle armi, dalle macchine d’epoca all’oreficeria, dai dipinti ai disegni, dalla scultura all’arredo. Una svariata casistica di manufatti aventi più di settanta anni, di tutte le epoche e dei più disparati ambiti di provenienza. Ciò nonostante, a fronte di quella particolare già ricordata sinergia che ha visto collaborare per l’ufficio esportazione di Milano conoscitori ed esperti di ogni settore, si sono potute avviare e concludere in questi anni, anche per beni non librari, proposte d’acquisto importanti. Una su tutte, per l’eccezionalità del manufatto, trattandosi di un bene monumentale architettonico non attinente con il patrimonio storico artistico italiano, l’acquisizione, avvenuta con decreto della competente Direzione Generale Archeologia belle arti e paesaggio, di un rarissimo frontale di tempio cinese della fine del XIX secolo, realizzato in terracotta policroma invetriata, e straordinariamente conservato senza fratture o lacune, che è andato ad arricchire il patrimonio nazionale del Museo d’Arte Orientale di Roma. Ma per questa ed altre storie di tutela e valorizzazione si rimanda ad un’auspicabile ulteriore evento espositivo.

Raffaella Bentivoglio Ravasio
Direttore Ufficio Esportazione di Milano

 

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