LA CATENA D’ADONE

Favola boschereccia in 5 atti (1626) di DOMENICO MAZZOCCHI (1592-1665), libretto di Ottavio Tronsarelli (1586-1646)

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Dettagli

Domenica 8 settembre, MODENA
Chiesa di San Carlo ore 20

LA CATENA D’ADONE
Favola boschereccia in 5 atti (1626)

di DOMENICO MAZZOCCHI (1592-1665)
libretto di Ottavio Tronsarelli (1586-1646)
dai canti XII e XIII de L’Adone di Giovan Battista Marino (1569–1625)

Prima rappresentazione: Roma, casa Conti di Poli, carnevale 1626

Edizione critica a cura di Michele Vannelli

PERSONAGGI E INTERPRETI

Vincitori del concorso di canto “Corti, Chiese & Cortili ENCORE 2019”

APOLLO Roberto Rilievi tenore
FALSIRENA, maga Elena Pinna soprano
IDONIA, consigliera di Falsirena Giulia Manzini soprano
ADONE Enrico Torre controtenore
ORASPE, governatore de’ luoghi di Falsirena Roberto Rilievi tenore
ARSETE, consigliero di Falsirena Niccolò Roda basso
PLUTONE Gugliemo Buonsanti basso
VENERE Ilenia Lucci soprano
AMORE Giovanna Gallelli soprano
ECO Angelo Testori tenore
NINFA I Linda Scaramelli soprano
NINFA II Letizia Egaddi soprano
NINFA III Martha Rook soprano
PASTORE I / CICLOPE I Angelo Testori tenore
PASTORE II / CICLOPE II Alfio Fricano tenore
PASTORE III / CICLOPE III Lorenzo Tosi basso
BALLARINI Davide Vecchi, Sara Benvenuti

ORCHESTRA DELLA CAPPELLA MUSICALE DI S. PETRONIO

Gabriele Raspanti & Francesca Camagni violini
Pietro Modesti & Benedetta Ceron cornetti
Viola Mattioni violoncello
Enrico Scavo violone
Dario Landi & Luca di Bernardino tiorbe
Marianne Gubri arpa
Alessandro Casali clavicembalo & organo

MICHELE VANNELLI clavicembalo & direzione

GLORIA BANDITELLI preparazione delle voci
ALBERTO ALLEGREZZA regia & costumi
DAVIDE VECCHI coreografie

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La ricorrenza del 450° anniversario della nascita di Giovan Battista Marino ha orientato la scelta del titolo per l’edizione 2019 dei laboratori per l’opera barocca di Bazzano su La catena d’Adone, favola boscareccia di Ottavio Tronsarelli ispirata ai canti centrali del grandioso poema erotico-mitologico dello stesso Marino e posta in musica da Domenico Mazzocchi, compositore fra i più geniali e ricercati del primo Seicento Romano. Rappresentata per la prima volta nel carnevale del 1626, a pochi mesi dalla seconda condanna comminata a L’Adone dal pontefice Urbano VIII, l’opera segnò un punto di svolta nella storia del teatro musicale romano a motivo dell’introduzione di «molte mezz’arie sparse per l’opera, che rompono il tedio del recitativo», introduzione che rappresenta un elemento di distinzione rispetto alla prassi del recitar cantando fiorentino di inizio secolo. La catena d’Adone fu poi ripresa a Bologna nel teatro Malvezzi l’anno 1648. L’allestimento dell’opera nell’estate del 2019 è frutto della collaborazione fra il festival Corti, chiese e cortili di Valsamoggia e Grandezze & Meraviglie e coinvolge i giovani cantanti selezionati attraverso il concorso di canto promosso dalla Fondazione Rocca dei Bentivoglio perfezionatisi nell’ambito dei laboratori per l’opera barocca di Bazzano.

SINOSSI Prologo. Avvertito da Apollo della passione adulterina che si andava consumando fra Marte e Venere, sua sposa, Vulcano ha sorpreso in flagrante gli amanti fedifraghi imprigionandoli in una rete di ferro portentosa. In ragione della sua delazione, Apollo ha attirato su di sé l’astio pernicioso e inesorabile della dea dell’amore, cosicché scende in terra fiammeggiante d’ira meditando vendetta: separerà Venere dal suo nuovo amante, il giovane e bellissimo cacciatore Adone, nato dalla passione incestuosa di Mirra per il padre Cinira, re di Cipro; realizzerà questo proposito con l’aiuto dello stesso fabbro degli dei, che gli forgerà una catena incantata con cui avvincere Adone allo scopo di tenerlo lontano dalla dea amata. Ma, come cantano allegramente tre ciclopi della fucina di Vulcano, i dardi d’Amore feriscono più delle saette divine; le fiamme che egli accende nei cuori ardono più del fuoco della loro fornace.

Atto I. La maga Falsirena apprende da Idonia, sua confindente, dell’arrivo di un giovinetto di incomparabile bellezza nei boschi a lei soggetti; al sentirne decantare tanto diffusamente le lodi, se ne invaghisce perdutamente e, su consiglio della stessa Idonia, decide di ricorrere alle arti magiche per tramutare la selva in un giardino di delizie che ne propizi la seduzione. Adone nel frattempo vaga per la foresta, in fuga dalla gelosia furibonda e micidiale di Marte, e sopraffatto dall’angoscia scorge pericoli e minacce annidati in ogni anfratto. Le sue disperate querele sono però ascoltate da Eco, che gli predice il ricongiungimento con Venere in quello stesso giorno. Rinvigorito da questa nuova speranza, Adone esprime il suo amoroso entusiasmo finché, vinto dalle fatiche dell’errare, si addormenta sotto un elce. Sopraggiunge Falsirena, che ha mutato per incanto il bosco in giardino e che riconosce in Adone dormiente il bellissimo giovane descritto da Idonia: lo risveglia e lo invita a ricoverarsi presso di lei; uno stuolo di ninfe e pastori esalta in canti e balli l’amenità del luogo.

Atto II. Oraspe, governatore della regione su cui regna Falsirena, narra ad Arsete, consigliere di lei, e a Idonia di come Vulcano si sia manifestato e gli abbia affidato una catena invisibile quale dono per la loro padrona. Il dono giunge a proposito: Falsirena, pur avendo convinto Adone a soggiornare nel suo palazzo, si strugge in preda al dubbio temendo che il giovane fugga qualora ella gli riveli il suo amore; Oraspe le consegna il prodigioso artefatto ed ella si risolve ad impiegarlo per incatenare Adone, senza che Arsete riesca a dissuaderla. Scortati da una leggiadra compagnia di ninfe e pastori, Oraspe e Idonia esplorano le meraviglie del giardino incantato.

Atto III. Arsete, ai consigli del quale Falsirena rifiuta di dare ascolto, deplora la ragione sopraffatta dal senso; non più tollerando di soggiornare fra le ingannevoli delizie della selva tramutata in giardino, se ne allontana. Adone pure vorrebbe partirsene alla ricerca di Venere ma, avvinto senza saperlo dalla catena invisibile, non riesce a muovere un passo oltre i confini di quel luogo incantato. Falsirena lo supplica di aver pietà delle sue smanie amorose, ma il giovane si mostra irremovibile e la prega di lasciarlo andare. Al diniego di Adone la maga si dispera e delira fino a perdere i sensi. Come morta la trovano Idonia, Oraspe e il corteggio dei pastori; la maga rinviene e rivela le cause della sua disperazione, che sarebbe alleviata se almeno conoscesse l’identità della donna per serbarsi fedele alla quale Adone sprezza le sue profferte. Idonia le suggerisce di ricorrere ancora alla magia per evocare Plutone e farsi rivelare il nome della rivale; Falsirena si lascia convincere e la compagine delle ninfe e dei pastori ne commenta il deliquio e il furore.

Atto IV. Idonia descrive in preda al terrore i preparativi di Falsirena per l’empio rito che si appresta a compiere; la maga evoca effettivamente Plutone che, inizialmente renitente, accetta infine di manifestarsi e le rivela essere Venere l’amante di Adone; Falsirena decide allora di assumere per magica virtù l’aspetto della dea per indurre il giovane in errore. Ninfe e Pastori osservano desolati la natura sconvolta dai tremendi incantesimi della negromante.

Atto V. Adone, tuttora prigioniero della catena invisibile, deplora la serie infinita delle sue sciagure imputando agli dei di non mantenere le promesse di felicità con le quali illudono i mortali. Sopraggiunge Falsirena tramutata in Venere, ma un indefinito sentimento di inquietudine impedisce al giovane di gioire appieno del ricongiungimento con la dea amata; la maga se ne avvede e per dissolvere la titubanza di lui lo mette in guardia contro i suoi stessi inganni. Frattanto la vera Venere discende dal cielo accompagnata da Amore: due Veneri si trovano compresenti sotto gli occhi del figlio e dell’amante. Nulla possono le arti magiche contro la dea dell’amore: a un cenno di Venere Falsirena è smascherata e per punizione delle sue colpe è condannata ad essere legata ad uno scoglio con la stessa catena che aveva imposto ad Adone. Il giovane riconosce infine la sua tanto vagheggiata signora e i due amanti celebrano assieme ad Amore la fine delle loro peripezie. Un doppio coro conclude la favola enunciandone la morale: «arde di lieto zelo | chi dopo i falli fa ritorno al cielo».

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