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Giovedì 17 ottobre, ore 21
MODENA Teatro San Carlo
BENEDETTO & ALESSANDRO MARCELLO
LUCIA CORTESE soprano
CAMERATA ACCADEMICA
Luca Ranzato, Matteo Anderlini, Lucia Dalla Libera
Domenico Scicchitano, Alessandro Mazzon, Chiara Arzenton
violino
Giovanna Gordini, Eugenio Bernes
viola
Nicolò Dotti
oboe
Claudia Cecchinato, Filippo Lion
violoncello
Matteo Zabadneh
contrabbasso
Paola Ventrella
tiorba
Alberto Maron
clavicembalo
PAOLO FALDI direzione
BENEDETTO MARCELLO (1686-1739)
Sinfonia dall’oratorio “Joaz”
Presto, Largo, Presto
Arianna abbandonata
Cantata a soprano solo con stromenti
Sinfonia
Prestissimo-Adagio assai-Allegro
Recitativo
“Dove, misera dove”
Aria
“Come mai puoi lasciarmi”
Recitativo
“Se fia che pensi, o’ caro”
Aria
“Che dolce foco”
ALESSANDRO MARCELLO (1673-1747)
Concerto per oboe, archi e b.c. in Re minore
Andante spiccato, Largo, Presto
(Solista Nicolò Dotti)
BENEDETTO MARCELLO
“Qual turbine”
Cantata a soprano solo con stromenti
Sinfonia
Recitativo
“Qual turbine improvviso”
Aria
“Al turbine che freme” Allegro assai
Recitativo
“Ma’, gia’ sereno il cielo”
Aria
“Men fiera procella” Presto
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I compositori protagonisti del concerto sono i fratelli e nobili veneti Benedetto e Alessandro Marcello. Entrambi musicisti e compositori “dilettanti”, divennero dei punti di riferimento per la cultura musicale veneziana ed europea. Alessandro, il fratello maggiore, viene descritto dal famoso poeta Apostolo Zeno come un raffinato erudito, studioso di matematica, esperto in disegno e pittura, autore di versi latini e italiani e studioso di sette lingue oltre che suonatore e compositore. Dall’altra parte Benedetto, il fratello minore, divenne famoso come contrappuntista e compositore in tutta Europa, oltre che come critico intransigente verso le “degenerazioni del gusto moderno” rilevate in particolare nella scrittura operistica coeva che attaccò nel trattatelo Il teatro alla moda. Proprio per il suo dissenso verso la moderna musica vocale, nelle due cantate e voce sola troviamo uno stile sobrio, equilibrato e ben costruito. Arianna abbandonata si apre con una sinfonia “all’italiana” in tre movimenti: il primo movimento Prestissimo è costruito su note ribattute, scale e acciaccature, elemento questo che viene ripreso nel Presto conclusivo; l’Adagio centrale invece viene costruito come una costellazione di suoni ed elementi che compaiono e scompaiono su note ribattute in vari registri.
Dopo quest’introduzione, la voce inizia a cantare in un recitativo accompagnato dagli strumenti che ne potenziano la drammaticità sfociando nella seguente aria “Come mai puoi”. In quest’aria con da capo Marcello mostra le sue doti di compositore e la grande sensibilità per i testi intrecciando la linea melodica alternata tra violini con il canto della voce, arricchendo il disegno con dissonanze su parole chiave come “crudel” o “morte”. Gli abbellimenti sono limitati e non stravolgono con eccessive ripetizioni la metrica e il testo, com’era invece comune nella musica coeva e per questo fortemente criticata dal compositore stesso nel citato trattato Il teatro alla moda. Segue il successivo recitativo secco, cioè con il solo accompagnamento del basso continuo, che porta all’aria finale, sempre con da capo, in tempo veloce. Nella cantata “Qual turbine” le immagini naturali del vento e della tempesta sono rese con ampi madrigalismi, figurazioni melodiche o ritmiche che cercano di riprodurre in musica le immagini espresse dal testo. Questi sono presenti fin dal recitativo accompagnato iniziale dove gli strumenti presentano andamenti scalari ascendenti e discendenti particolarmente concitati che riproducono le immagini suggerite dal testo. La prima aria mantiene un andamento rapido e nella seconda sezione, il cui testo parla del “periglio a naufragar”, riproduce con scale rapide il moto ondoso in tempesta. Segue un recitativo secco e l’aria finale caratterizzata da note ribattute, ritmi puntati e andamenti impetuosi. Se queste musiche vocali mostrano la capacità di Benedetto di sfruttare al meglio le possibilità della voce e la supremazia del testo sulla musica, il suo apprendistato da contrappuntista emerge nel Concerto grosso op. 1 n. 1. Essendo scritto nella forma “da chiesa”, questo presenta quattro movimenti contrastanti che alternano andamenti lenti a veloci: i due lenti hanno carattere il primo introduttivo e il secondo cantabile e con un denso intreccio di linee; invece i due movimenti rapidi, posti in seconda e quarta posizione, sono costruiti sulle regole del contrappunto. Di Alessandro Marcello è il celebre Concerto per oboe in Re minore.
Questa composizione inizialmente fu attribuita ad Antonio Vivaldi, poi a Benedetto Marcello e infine, dopo il ritrovamento del concerto inserito in un’edizione collettiva a stampa del 1717 contente varie musiche di autori veneziani, a quello che è ritenuto attualmente il reale autore. In questa composizione vengono sfruttate le possibilità di cantabilità dell’oboe, in particolare nel secondo movimento, mentre nel terzo quelle di agilità e virtuosismo.
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