I fatti principali

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Il procedimento

Nell’ottobre del 1940 il Prefetto di Brescia comunicò a ciascun comune l’iniziativa, richiedendo fotografie e indicazioni dettagliate di ogni ricordo bronzeo presente sul territorio. La compilazione degli elenchi da inoltrare al Ministero si protrasse però fino al 20 luglio 1941, a causa di numerosi e non sempre giustificati ritardi da parte delle realtà locali nella comunicazione dei propri beni bronzei. In tale data fu il soprintendente Chierici ad inviare a Roma un album di fotografie dei monumenti in bronzo con quattro elenchi allegati, ormai quasi completi, e una dettagliata relazione circa le opere per cui si chiedeva l’esenzione.

L’elenco dei monumenti in bronzo della città di Brescia fu invece inoltrato da Chierici già il 7 aprile 1941.

Precise disposizioni circa le procedure della rimozione e il compenso da corrispondere erano state inviate nel novembre del 1940 ai prefetti e all’Endirot dal Sottosegretario di Stato.

La valutazione del pregio storico artistico

Presso l’archivio della Soprintendenza di Milano è presente parte del materiale che giunse al Prefetto di Brescia tra il marzo e l’aprile del 1941 e che fu da questi puntualmente inoltrato all’allora soprintendente Chierici. Per una quarantina di comuni interessati dal provvedimento si conservano ancora le brevi relazioni storico-artistiche redatte dai podestà circa i propri monumento ai caduti, con le indicazioni degli artisti e delle date di inaugurazione. I podestà allegavano inoltre i moduli con il parere dell’Associazione Nazionale Combattenti che solo in rarissimi casi sconsigliò la rimozione per pregio storico artistico.

Il 2 luglio 1941 il Ministero dell’Educazione comunicò al Presidente del Consiglio dei Ministri, e in conoscenza alla Soprintendenza, il proprio nulla osta alla fusione di 17 Monumenti in bronzo della città di Brescia. Tra di essi i 3 monumenti ai caduti della Prima Guerra Mondiale.

Il 27 agosto 1941 dal Ministero dell’Educazione giunse il nulla osta anche alla fusione dei monumenti della provincia di Brescia. In tutto il territorio, tra i monumenti ai caduti, fu esentato dalla rimozione per il suo valore artistico solo quello realizzato a Salò dallo scultore Angelo Zanelli.

Dopo l’arrivo degli ordini di fusione da parte del Ministero, i singoli comuni vennero invitati dalla prefettura ad attendere la chiamata dell’Endirot per l’invio del proprio bronzo alla fonderia Tonolli e a provvedere, nel frattempo, alla preparazione dei bozzetti per i monumenti sostitutivi.

Il 28 agosto del 1941 fu la città di Brescia a ricevere il primo ordine di invio dei propri materiali dall’Endirot. Allarmata, la Direzione dei Civici Istituti Culturali del Comune chiese al Soprintendente l’autorizzazione per l’immediata produzione di calchi in gesso di tutti i suoi monumenti in bronzo destinati alla fusione. Chierici considerò questa decisione “un espediente atto a conciliare le necessità del monumento con le ragioni dell’arte” e diede il benestare.


La conclusione della vicenda

All’inizio del 1942 il Sottosegretario di Stato ordinò alle prefetture un’intensificazione delle rimozioni che nella provincia di Brescia non erano ancora state avviate. Fu in questo frangente che alcuni comuni si mossero in un ultimo, ma vano, tentativo di salvare i propri monumenti, sollecitando la Soprintendenza ad una ulteriore valutazione circa il valore artistico di questi ultimi. Si trattava di Toscolano, Quinzano d’Oglio, Ghedi e Verolavecchia.

Gli archivi documentano come uniche richieste di invio da parte dell’Endirot quelle ai comuni di Brescia e Corzano che infatti inviarono il materiale nei primi mesi del 1943.

Nessun altro documento è stato finora ritrovato che testimoni l’invio e la fusione di altri monumenti in provincia; fatto questo  che, per il momento, porta a ritenere che null’altro sia stato sacrificato.

La vicenda del bronzo alla Patria sembra chiudersi nel bresciano nell’ottobre del 1943, quando ad un’ultima richiesta di indicazione per la rimozione del monumento ai caduti della frazione di Fiesse, il prefetto rispose con un perentorio “soprassedere alla rimozione”. Probabilmente la guerra civile appena scoppiata nel paese aveva distolto l’attenzione dal compimento di questo provvedimento.


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Fonti:

Archivio Storico SBEAP.Mi,  A.V. 153 " Monumenti Bronzei" - Fasc. Brescia e Prov.

ASBS, Fondo Prefettura, b. 3877, fasc. "Sostituzione monumenti in bronzo con monumenti in marmo"

ASC BS, Rubrica XVIII (1941-1954), b. 234