classicismo di tradizione e vena celebrativa

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Gli autori impegnati nella realizzazione dei monumenti ai caduti elaborarono un linguaggio ispirato alle tradizioni dell’arte; la stessa committenza civica palesava la volontà di non allontanarsi dalla cultura figurativa tradizionale, come testimoniano le indicazioni fornite agli artisti dai comitati promotori. Chiarificatore a tale proposito è quanto stabilito dal concorso indetto a Terni nel gennaio 1923 dove si raccomanda “una forma d’arte che non cada in esagerate innovazioni che si rendono inopportune ad un monumento ai caduti per la Patria” o quanto espresso nello stesso anno dal concorso di Gualdo Tadino in cui si legge che “la concezione dell'opera dovrà essere ispirata alle tradizioni dell'arte”. La consistente vena monumentalista tipica dell'Ottocento, che aveva messo sui piedistalli i Padri del Risorgimento, aveva ricevuto dalla fine del primo conflitto mondiale un nuovo impulso con l'erezione dei tanti monumenti ai caduti che erano il prodotto pensato e realizzato in un preciso momento storico.

L’arte classica costituiva un patrimonio cui attingere per rendere visibili i concetti legati all'esaltazione della Vittoria, della Patria e del soldato-eroe sacrificatosi per la grandezza dell’Italia. Le vena celebrativa era in effetti il messaggio principale trasmesso dai monumenti ai caduti; i simboli che meglio lo veicolavano erano l'alloro, la quercia, la palma, l'ulivo o il tripode, che rappresenta il sacro fuoco della Patria, così come l'aquila e il fascio littorio (emblema di stato dal 1926, presente specie nelle lapidi), espressioni questi di forza e potere ancora ereditati dalla civiltà romana. Tali decorazioni classiche si ritrovano in molte opere, come nelle lapidi di Fabro (Tr), Fratta Todina (Pg), Valfabbrica (Pg) e ancora nel cippo di Perugia (1928), nel braciere in bronzo del monumento di Gualdo Tadino (Pg) e nell'ara in travertino inserita nel prospetto del monumento di San Giustino (Pg) del 1933. Anche le allegorie della Vittoria e della Patria sono di chiara derivazione classica: la Vittoria è rappresentata in diversi modi: come figura femminile alata oppure armata o che incorona un soldato morente; la stessa può essere vestita all'antica o premiare un soldato. La Patria è una personificazione incarnata da una figura femminile vestita all'antica che reca in mano uno scudo, una fiamma, una spada, una corona d'alloro o una statuetta della Vittoria alata; la sua testa è coronata da una muraglia merlata, come si può vedere nella lapide di Collescipoli, nel ternano, dell'architetto Pier Gaetano Possenti (1850-1923), o in quella di Panicale (Pg). La statua bronzea di Giuseppe Pericoli (1882-?) per il ricordo ai caduti di Scheggia (Pg) incarna pienamente l'ideale del soldato antico dall'aspetto severo e imponente, dotato di gladio e scudo.

Altri riferimenti iconografici desunti dal mondo classico sono quelli di Città della Pieve, Città di Castello o la quadriga che nobilita il monumento di Deruta. Caratteri di classicità sono evidenti nell'impianto architettonico dei monumenti di Amelia, Stroncone (Tr) o Citerna (Pg) e nella purezza di linee della cappella cimiteriale di Montefalco (fraz. Rignano, Pg). In questa ripresa culturale non manca il ritorno alla tradizione rinascimentale come dimostra l'angelo custode del monumento di Assisi, opera del 1923 di Giovanni Giovannetti (1861-1930).