XIII. Romanzo

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Origini e ragioni

Nato per corrispondere a una richiesta di narrazione e divagazione in volgare da parte di una committenza e di un pubblico illetterato (il termine romanzo in quanto genere letterario deriva dall’antico-francese romanz, termine con cui si indicava il parlare in volgare), il romanzo pervade rapidamente tutta l’Europa (Mappa Diffusione del romanzo cortese). Risponde anche a esigenze politico-culturali dei committenti, come avviene alla Corte di Enrico II d’Inghilterra, ove romanzo e storia sono strettamente intrecciati e dove si utilizzano materiali epici e della storia antica per legittimare ed esaltare la dinastia regnante, ma anche per ripensare anche alla funzione sociale degli intellettuali, come già Giovanni di Salisbury (vd. sotto Roman de Troie, vv-1-44, La missione dell’intellettuale). Intorno al 1165-1170 si colloca il Roman de Troie di Benoît de Sainte-Maure, poeta-storiografo ufficiale di Enrico II (110. BAV, Reg. lat. 1505), poi rielaborato in latino (1287) dal siciliano Guido delle Colonne. L’ Historia destructionis Troiae consegue un successo straordinario, come mostrano anche i numerosi volgarizzamenti di cui è stata oggetto (111. BANLC, 44 D 24): ancora nel XV secolo è copiata insieme all’Histoire de la grande cité des belges e al Girart de Roussillon in prosa, in una di quelle raccolte “storiche” tipiche della tradizione manoscritta europea (112. BAV, Reg. lat. 967). Sempre in Inghilterra, con la dinastia di re il cui apogeo è rappresentato da Artù, la preistoria mitica della Britannia compare prima nella prosa latina della fortunatissima Historia Regum Britanniae, di Goffredo di Monmouth (108. BANLC, 36 C 22), e poi in varî romanzi, il più antico dei quali è il Brut di Wace (109. BAV, Ottob. lat. 1869 e 117. BAV, Pal. lat. 1971), anch’egli poeta di corte di Enrico II.

L’universo dei cavalieri arturiani fornirà la materia anche per i romanzi dedicati alla ricerca del Graal (118. BAV, Reg. lat. 1687). Diversamente dall’epica, nel romanzo cavalleresco si afferma un protagonista teso alla ricerca della propria identità tramite la continua prova delle proprie capacità e dei proprî valori ideali. L’“avventura”, la ricerca (la quête), è il motivo centrale dei grandi romanzi cavallereschi (come il Lancelot e l’Yvain di Chrétien de Troyes, 116. BAV, Reg. lat. 1725 e 119. BAV, Reg. lat. 1489; vd. sotto Chrétien de Troyes, Yvain, vv. 353-364, Aventure), secondo un modello che, pur sottoposto all’ironia del grande romanzo cavalleresco rinascimentale italiano e spagnolo e del nuovo romanzo borghese, rimarrà operativo negli archetipi affettivi ed emozionali fino al cinema e alle fiction TV contemporanee. Attraverso il cavaliere l’Europa scopre l’Individuo.

 

L’immaginario romanzesco

I temi dei romanzi attingono, oltre che ai contenuti più noti dell’epica classica e della storiografia antica, tardo-antica e medievale, anche a materiali di tipo folclorico, spesso di matrice bretone (come nel caso di Tristano e Isotta, uno dei miti fondativi dell’immaginario europeo, si veda, ad esempio, il volgarizzamento veneto del manoscritto 115. BANLC, 55 K 5) e a storie avventurose di ambientazione orientale (come il romanzo di Florio e Biancofiore, 117. BAV, Pal. lat. 1971). La materia storico-leggendaria su Alessandro Magno arriva al Medioevo grazie a una miriade di opere che avevano anticamente costituito la cosiddetta vulgata della materia alessandrina. Un esempio rilevante è rappresentato dall’Historia Alexandri Magni di Quinto Curzio Rufo (cfr. il ms. 87. BANLC, 43 F 8 nella sezione XI), che continuerà a essere letta in latino e in traduzioni anche in piena età umanistica e oltre. Il Roman d’Alexandre, di Alexandre de Bernay (forse autore anche di Athis et Prophilias, 114. BAV, Reg. lat. 1684), uno dei testi in volgare di maggiore diffusione (113. BAV, Reg. lat. 1364), offre un esempio illuminante di come la materia bellica e quella amorosa e meravigliosa (gli amori e le esotiche avventure del condottiero) possano essere rifuse in opere che mescolano tratti storici, epici e romanzeschi (si veda anche il fortunatissimo Guiron le Courtois, 120. BAV, Reg. lat. 1501). Nel XIII secolo, il Roman de la Rose, capolavoro della letteratura francese medievale (121. BANLC, 55 K 4 e 81. Casan. 1598 nella sezione X), molto probabilmente noto anche a Dante (che secondo taluni sarebbe l’autore di una sua traduzione, il Fiore), rispecchierà l’intero universo romanzesco e la sua crisi nelle sue due parti, dovute, a distanza di molti anni, ad autori diversi (Guillaume de Lorris e Jean de Meung).

Benoît de S. Maure, Roman de Troie, vv-1-44, La missione dell’intellettuale

«Salemon nos enseigne e dit, / e sil list om en son escrit, / que nus ne deit son sens celer, / ainz le deit om si demonstrer / que l’om i ait pro e honor, / qu’ensi firent li ancessor. / Se cil qui troverent les parz / e les granz livres des set arz, / des philosophes les traitiez, / dont toz li monz est enseignez, / se fussent teü, veirement / vesquist li siegles folement: / come bestes eüssons vie, / que fust saveirs ne que folie / ne seüssons sol esguarder / ne l’un de l’autre desevrer. / Remembré seront a toz tens /e coneü par lor granz sens, / quar scïence que est teüe / est tost obliëe e perdue. / Qui set e n’enseigne o ne dit, / ne puet muër ne s’entroblit; / e scïence qu’est bien oïe / germe e florist e frutefie. / [...] e qui plus set, e plus deit faire: / de ço ne se deit nus retraire. / E por ço me vueil travaillier / en une estoire comencier. / Que de latin, ou jo la truis, / se j’ai le sen e se jo puis, / la voudrai si en romanz metre / que cil qui n’entendent la letre / se puissent deduire el romanz.»

"Salomone ci insegna e dice / - lo si legge nel suo libro / – che nessuno il suo sapere deve celare, / ma lo deve ben mostrare / per conquistare pregio e onore, / che cosí fecero i predecessori. / Se quelli che trovarono le parti, / e i grandi libri delle sette arti / e dei filosofi i trattati, / da cui tutti hanno imparato, / avessero taciuto, veramente / vivrebbe il mondo follemente: / da bruti noi condurremo la vita, / e cosa sia sapere e che follia / non sapremmo riconoscere, / né l’uno dall’altra distinguere. / Saranno ricordati in ogni tempo/ e conosciuti per il gran senno, / poiché la scienza che è taciuta/ presto è dimenticata e perduta. / Chi sa e non l’insegna e dice, / l’oblio non può evitare; / ma la scienza ben ricevuta / germoglia e fiorisce e frutta. / […] / E chi più sa, più deve fare; / da ciò non si deve nessuno sottrarre. / E perciò mi voglio adoperare / per un racconto cominciare, / che dal latino, in cui lo trovo, / se ne ho il sapere e posso, / in romanzo lo voglio mettere/ sì che chi non comprende il latino / possa del romanzo godere."

 

Chrétien de Troyes, Yvain, vv. 353-364, Aventure

«Einsi sui de mes bestes sire, / Et tu me redevroies dire / Quex hon tu ies et que tu quiers. / - Ge sui, ce vois, .i. chevaliers / Et quier ce que trover ne puis; / Assez ai quis et riens ne truis -/ Et que voudroies tu trover? / - Aventure, por esprover / Ma proece et mon hardemant. / Or te proi et quier et demant, / Se tu sez, que tu me conselles / Ou d'aventure ou de mervelles.»

"Così delle mie bestie sono il sire, / e ora tu mi dovresti dire / chi tu sei e che cerchi’. / –‘Io sono, lo vedi, un cavaliere, / e cerco ciò che trovare non posso: / molto ho cercato e nulla trovo’ -. / ‘E tu che vorresti trovare?’ / ‘Un’avventura, per provare / il mio valore e il mio ardimento. / Ora ti prego, chiedo e domando, / se sai, che tu mi consigli / d’avventura o di meraviglia."

Libri esposti: 108. Goffredo di Monmouth, Historia regum Britanniae; 109. Wace, Roman de Brut; 110. Benoît de Sainte-Maure, Roman de Troie; 111. Guido delle Colonne, Historia destructionis Troiae; 112. Guido delle Colonne, Histoire de Troie; Histoire de la grande cité des Belges; Girard de Roussillon in compendio; 113. Roman d’Alexandre; 114. Roman d’Athis et Prophilias; 115. Tristano Corsiniano; 116. Chrétien de Troyes, Lancelot e Yvain; Jean Renart, Guillaume de Dole; Raoul de Houdenc, Meraugis de Portlesguez; 117. Frammenti di Partenopeus de Blois, Amadas et Ydoine, Brut di Wace, Floire et Blancheflour, Chanson d’Aspremont; 118. Histoire de saint Graal; Joseph e Merlin; Prophéties de Merlin; 119. Lancelot in prosa; 120. Guiron le Courtois; Composition de l’Astrolabe; 121. Guillaume de Lorris - Jean de Meun, Roman de la Rose.