Vignola, Le Regole de' cinque ordini di architettura civile... 1795

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Le Regole de’ cinque ordini di architettura civile di M. Jacopo Barozzio da Vignola corredate dalle aggiunte fattevi nell’edizione romana dell’anno 1770 dagli architetti Gio. Battista Spampani  e Carlo Antonini … Ed in questa ultima edizione napolitana ricorrette, ed accresciute di una dissertazione intorno ai medesimi ordini architettonici. Napoli : presso Vincenzo Orsini : a spese di Michele Stasi, 1795


Quest’edizione della Regola, pubblicata a Napoli nel 1795, è testimonianza tra le innumerevoli della straordinaria fortuna che accompagnò il trattato di Vignola fino al Sette e all’Ottocento, tanto che se ne contano più di cinquecento edizioni italiane e straniere.

Mentre l’editiprinceps (Regola delli cinque ordini dell’architettura di M. Iacomo Barozzio da Vignola), pubblicata a Roma nel 1562 direttamente dall’autore, constava di soli trentadue fogli, compreso frontespizio, privilegio, dedica al cardinale Alessandro Farnese e proemio ai lettori, questa edizione riprende quella romana del 1770 curata dagli architetti Giovan Battista Spampani e Carlo Antonini e da essi arricchita, come recita il frontespizio, con un saggio sulla geometria, un commento al testo, il parallelo delle proporzioni degli ordini “secondo il vario sistema de’ principali architetti”, un vocabolario dei termini architettonici oltre a riportare entrambe le Regole di prospettiva pratica dello stesso Vignola.

Il successo si era già manifestato vivente l’autore, che ne era egli stesso meravigliato. La ragione di tanto favore risiede nell’impostazione schematica e didascalica della materia e soprattutto nelle immagini, altrettanto efficaci, nelle quali si esprimono  anche le doti di disegnatore di Vignola, che aveva iniziato la sua carriera come pittore e “prospettico”.

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Nel proemio Barozzi chiarisce i suoi intenti: offrire una regola pratica e, “lasciando da parte le cose de’ scrittori, dove nascono differenze fra loro non piccole”; partire, per ciascun ordine, da concreti modelli “che al giudizio commune appajono più belli” (Vignola fa l’esempio del teatro di Marcello per il dorico), apportando, sulla base di confronti con altri campioni dello stesso stile, quelle piccole correzioni eventualmente necessarie.

La parte scritta occupa le pagine iniziali, mentre le altre sono dedicate alle illustrazioni  incise su cuoio, corredate dalle misure modulari che le accompagnano, di modo che come l’autore sottolinea “ogni mediocre ingegno, purchè abbia alquanto di gusto dell’arte, potrà in un’occhiata sola senza gran fastidio di leggere comprendere il tutto e opportunamente servirsene”.

Sul frontespizio, ben visibile il timbro della Biblioteca del Regno d'Italia 

Leggi l'edizione del 1770 on-line


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