Daniele Barbaro

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Daniele Barbaro

Figlio di Francesco Barbaro ed Elena Pisani e membro di una delle più prestigiose famiglie patrizie del suo tempo, nacque a Venezia nel 1514 circa; studiò filosofia, matematica e ottica all'Università di Padova; fu ambasciatore della Serenissima presso la corte di Edoardo VI a Londra e rappresentante di Venezia al Concilio di Trento a partire dal 14 gennaio 1562 fino alla sua chiusura nel 1563. Fu coadiutore dello zio Giovanni Grimani presso il Patriarcato di Aquileia e il 17 dicembre 1550 venne promosso in concistoro a patriarca "eletto" di Aquileia anche se non assunse mai la guida del patriarcato perchè morì a Venezia nel 1570.

Scrisse le Exquisitae in Porphyrium commentationes (1542), un commento alla Retorica di Aristotele nella traduzione latina dello zio Ermolao (1544), il dialogo Dell'eloquenza (datato 1557, ma in realtà finito nel 1535 circa) cui fece seguire, tra l'altro, la traduzione dell'Architettura di Vitruvio accompagnata da un commento e dalle splendide illustrazioni di Andrea Palladio di cui era amico (1556).

La pratica della perspettiua (1568) resta la sua opera più originale ma lasciò anche frammenti di una storia veneziana in volgare dal 1512 al 1515.

L'incisione che qui lo rappresenta, è di mano di Giuseppe Barni (incisore milanese attivo fra il 1837 e il 1850); nella tavola del Veronese che si trova invece nella sezione Cronologia, il prelato, vestito degli abiti sacerdotali e con la mozzetta in capo, è seduto al tavolo di lavoro su cui sono aperti proprio i volumi della sua traduzione di Vitruvio.

Leggi la voce di Giuseppe Alberigo nel Dizionario Biografico degli Italiani

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